La Nuova Sardegna

Alghero

Accoglienza, il progetto arriva in aula al Senato

di Gian Mario Sias
Accoglienza, il progetto arriva in aula al Senato

Mario Bruno invitato dal presidente Grasso a raccontare l’esperienza algherese Un esempio virtuoso che è partito dal centro per migranti “La Luna-Vel Marì”

12 gennaio 2017
3 MINUTI DI LETTURA





ALGHERO. «Se riesci a dare una risposta agli ultimi, rispondi a tutti». Alghero, forse, diventerà Capitale italiana della Cultura 2018. Intanto, è già la capitale isolana dell’interculturalità. E l’affermazione semplice del consigliere comunale Giusy Piccone spiega più di mille convegni il perché.

Qui l’accoglienza è un fattore genetico, una necessità primaria. E l’integrazione è un concetto superato, il soggiorno dei richiedenti asilo non è un transito fuori dallo spazio e dal tempo, il ricorso alla cultura, all’arte e allo sport come ponti tra mondi lontani non è solo uno slogan. Qui, da qualche anno, gli “ultimi”, quelli appena arrivati, sono al centro di un processo che non vuole inglobarli, ma coinvolgerli nell’ennesima metamorfosi di una comunità in cui i mutamenti hanno sempre attecchito. A rendere il terreno fertile messi in tanti.

Dal Comune ad Architettura, passando per operatori sociali, associazioni culturali e società sportive che per prime sperimentano il confronto e lo propongono a una città in cui la parola razzismo praticamente non esiste. In questa piccola Riviera in cui non manca quasi niente, manca il lavoro. Senza, nessun progetto è possibile.

L’epicentro di questo processo virtuoso è il centro di accoglienza temporanea La Luna – Vel Marì, gestito dalla cooperativa sociale Vel Marì. Qui le regole sono regole, ma può anche capitare di sbagliare. Come nel caso del gruppo di ragazzini, quasi tutti minorenni, che qualche giorno fa si sono scazzottati. Può succedere, ma quell’episodio non ferma un cammino iniziato tre anni fa. Come spiega Roberto Cassitta, coordinatore del centro, «qui è iniziato tutto nell’ottobre del 2014, ma oltre ai servizi da erogare per convenzione, abbiamo avviato una intensa attività di laboratori, con l’idea di impegnare queste persone e di farle crescere».

Perché «il periodo qua non deve essere un soggiorno, a prescindere dall’esito della richiesta di asilo, vogliamo che questi ragazzi sappiano muoversi all’interno della società – aggiunge – in questo senso va la collaborazione con enti, istituzioni e tessuto culturale, sociale e sportivo». Con Silvia Serreli del Dipartimento di Architettura, ci sono le scuole, l’Università dei bambini, la Rete delle donne, Ecotoni, Si fa così 2.0, Gabetti Basket, Archivi del sud, Africalghero (ora Africa-Asia-Alghero), Asce, Spazio T, biblioteca San Michele, Malerbe.

«Insieme cerchiamo di inventare nuovi lavori, per valorizzare le loro aspirazioni e i loro talenti, ma anche per rendere più ricca la comunità», spiega Silvia Serreli. Nel frattempo Alghero è già proiettata nell’accoglienza di secondo livello. Come spiega Adriano Derriu, che si è curato fattivamente del progetto Spra per i Servizi sociali del Comune, «i titolari o i richiedenti di tutela internazionale hanno la possibilità di vivere in appartamenti reperiti nel contesto urbano e dunque al centro della vita sociale e culturale della comunità». Un passaggio fondamentale, simile a quello già fatto dalla comunità nomade di Fertilia. Il campo rom, ad Alghero, è solo un ricordo. Di quanto fatto nel frattempo ad Alghero, il sindaco Mario Bruno parlerà il 20 gennaio in Senato, su invito del presidente Piero Grasso. In attesa di diventare capitale della cultura, Alghero è già un modello di accoglienza e interculturalità.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Calcio Serie A

Al Cagliari non basta un gran primo tempo: finisce 2-2 la sfida con la Juve

di Enrico Gaviano
Le nostre iniziative