La Nuova Sardegna

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Alghero, niente classe: gli studenti migrano a Sassari

Gian Mario Sias
Alghero, niente classe: gli studenti migrano a Sassari

L’Ipia chiude il corso per Oss. Il preside: «Non ci sono i numeri»

21 settembre 2018
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ALGHERO. «Mancanza del numero minimo di studenti». È la motivazione per cui ha chiuso la quarta classe del corso di Operatori socio sanitari dell’Ipia, l’Istituto professionale per l’industria e l’artigianato di Alghero. A sollevare il problema è Gianni Cherchi. Ex amministratore comunale, dirigente politico, segretario cittadino dell’Upc, stavolta interviene soprattutto come padre. Già, perché sua figlia, l’unica donna tra quattro maschi, è una delle allieve costrette a emigrare a Sassari per completare i propri studi. «La quarta classe è stata cancellata per mancanza del numero minimo di studenti, costringendo i ragazzi che intendevano concludere il ciclo di studi a trasferirsi a Sassari, con i disagi immaginabili e le difficoltà inerenti la continuità didattica, sbandierata e auspicata da tutti», attacca Cherchi.

«Dopo alcune assemblee con i vertici scolastici, ci si era accordati per scongiurare la chiusura del biennio finale – riepiloga – presentando al dirigente una richiesta protocollata, come suggerito da lui, per chiedere una deroga». E invece niente. «Al contrario di quanto promesso, il dirigente non ha fatto richiesta di deroga o di costituzione di una classe articolata – insiste Cherchi – come avvenuto in città come Guspini, dove non sono stati chiusi i corsi». Secondo lui «è molto grave che un dirigente scolastico non abbia dato seguito a un deliberato dell’assemblea – conclude – mi domando quali siano i reali motivi che lo hanno spinto a chiudere il corso». Dispiaciuto e sorpreso per le polemiche sollevate da Gianni Cherchi, il dirigente scolastico Mario Peretto rispedisce al mittente ogni accusa. «La normativa dice che sotto le dieci unità non si possono costituire cattedre in nessun modo, e che le deroghe sono previste solo in caso di classi composte da un numero di allievi compreso tra dieci e quindici», dice il professore. «Questa classe è partita con 18 iscritti al primo anno, ma col passare del tempo si è arrivati a sei elementi – racconta – perciò, a malincuore, non ho potuto prevedere la costituzione della classe». Sul fatto che non ci fossero margini per chiedere una deroga, Peretto non ha alcun dubbio. «Basti pensare che abbiamo richiesto l’attivazione di una classe terza in carcere, dove c’erano tredici alunni, e non ci è stata autorizzata», riferisce. «Avrei potuto liberarmi del problema, chiedere una deroga e lasciare che fossero altri a tagliare la classe», sottolinea Mario Peretto. «Ma siamo pagati per il nostro ruolo, rispettando le leggi e facendo il nostro dovere», insiste il dirigente. «È una questione di correttezza, e poi è un problema che avevo già sollevato ai genitori», spiega. «In novembre li avevo convocati per dirgli che si metteva male, che si stava concretizzando questo rischio», rivela. «Ho chiesto la loro collaborazione, affinché costringessero i ragazzi a studiare o non ci sarebbe stata nessuna possibilità», prosegue. Alla fine sono stati promossi in sei. «Peccato, è un buon corso, le altre classi vanno bene – conclude Mario Peretto – ma era inutile chiedere una deroga impossibile per legge».

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