La Nuova Sardegna

Cagliari

Scrutando il cielo tra i menhir

Roberto Paracchini
Il radiotelescopio di San Basilio
Il radiotelescopio di San Basilio

In una valle di San Basilio il radiotelescopio più innovativo d’Europa. E' costato sinora 63 milioni e sarà ultimato tra sei mesi. Ma nel suo futuro c’è l’incognita dei fondi per il personale

15 aprile 2010
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Lasciando la strada che da Sant’Andrea Frius porta a Ballao, tra macchia mediterranea e una giovane pineta, appare lo scheletro di una parabola affiancato da un’impalcatura che sembra un robot. I puntini che si muovono sotto quelle strutture in acciaio fanno capire che le dimensioni delle strane sculture sono enormi: adagiate in una valle del comune di San Basilio, Pranu Sanguni, a circa ottocento metri d’altezza.

La leggenda racconta come tutta la zona fosse stata individuata dagli antichi come ideale per le osservazioni astronomiche. E gli allineamenti dei Nenhir che si trovano a Pranu Mutteddu, un altopiano a tre chilometri in linea d’aria, sembrano dare ragione alle voci diffuse.

Ma la scelta di sistemare il radiotelescopio più innovativo d’Europa e uno dei primi al mondo non deriva dalla storia archeologica della zona, «bensì dalla posizione della vallata», spiega Nicolò D’amico, professore ordinario di astrofisica nella facoltà di Scienza di Cagliari e direttore dell’Osservatorio atronomico del capoluogo. «Innanzi tutto - chiarisce - la discolacazione in Sardegna è nata dal fatto che in Italia vi sono già altri due radiotelescopi.

Con questo di San Basilio si creerà un ideale triangolo che metterà in sinergia le tre strutture. Così facendo, queste potranno essere utilizzate come un’unica antenna. Inoltre è stata scelta quell’area perchè si trova distante da impianti industriali e all’interno di una vallata, che impedisce che la parabola, che è come un immenso orecchio, intercetti le altre onde radio dell’ambiente».

A vederlo dal basso, il radiotelescopio, ci si sente piccoli piccoli e si capisce meglio che cosa significhino sessantaquattro metri di diametro per il «grande orecchio» e trenta metri d’altezza per l’impalcatura che lo dovrà sorreggere (per sistemarlo sopra arriverà appositamente una gigantesca grù dall’Olanda). Poco distanti gli operai stanno terminando anche le costruzioni che ospiteranno i laboratori scientifici e l’equipe dei trenta tecnici e ricercatori necessari per farlo funzionare a regime. Tra questi complessi scheletri d’acciaio, oltre all’italiano e al sardo, si sente parlare il tedesco e l’inglese. I lavori li sta facendo una ditta tedesca, «una delle poche abilitate (la Mt-Mechatronis), che ha sub appaltato per le opere meccaniche alla Icom di Macchiareddu», informa D’Amico. L’altro ieri col naso all’insù c’era una delegazione dell’Agenzia aerospaziale italiana (Asi), comproprietaria del progetto, assieme al ministero della ricerca e alla Regione sarda. Oggi ad ammirare la struttura vi saranno anche l’Eurodeputato Luigi De Magistris e il consigliere regionale Adriano Salis (entrambi dell’Idv). Anche loro hanno aderito al Comitato Pro-Srt (Sardinia Radio Telescope), il cui responsabile scientifico è l’astronoma Margherita Sack: non c’è certezza infatti sull’assunzione del personale.

Sotto queste immense sculture, la mente si sposta in avanti di sei mesi, al tempo in cui è prevista la consegna del Srt. A quel punto i sessantatrè milioni di investimento potranno iniziare a fruttare. A differenza dei telescopi classici, che scrutano il cielo tramite le onde della luce visibile a occhio nudo, i radiotelescopi osservano un’ampia gamma di altre onde, altrimenti precluse: un modo per per curiosare sin nei più reconditi angoli dell’universo e gettare uno sguardo sino al big-bang iniziale.

La lunghezza d’onda dipende dal calore che viene emesso dai corpi celesti. E il vantaggio del Srt di Pranu Sanguni deriva dal fatto che può registrare anche le frequenze più alte. Non solo, quando si nuove il paraboloide (che può ruotare in varie direzioni) subisce per effetto della gravità delle deformazioni che modificano i dati. Con il Srt «questo non capiterà - spiega D’Amico - perchè la parabola è fatta con mille pannelli che si possono spostare correggendo le alterazioni». Un gioco che è difficile da immaginare, ma che sarà realizzato anche grazie a un programma telematico e informatico realizzato in collaborazione col Crs4, che prevede un centro di super calcolo all’interno delle infrastrutture del centro.

Un diamante in mezzo alla Sardegna, il Srt, che rischia però di restare grezzo e arido per tutto il territorio, precisa il sindaco di San Basilio Pino Cogodi, se «non arriveranno i soldi per farlo funzionare e, soprattutto, se non sarà assunto il personale necessario». E come nella fine del film Zabrisckie point di Antonioni, il piccolo spettatore ai piedi della gigantesca scultura post moderna, la vede (in un incubo momentaneo) esplodere in mille pezzi. Ma D’Amico è ottimista: ieri era a Roma, convocato dal ministero della Ricerca che «sta individuando alcune grandi infrastrutture scientifiche - informa - da mandare avanti in ogni caso, nonostante il blocco generale delle assunzioni. Sono fiducioso». In altre situazioni, continua, «la ricerca di base fatta coi radiotelescopi ha condotto alla tecnologia dei Wi-Fi e a quella dei sistemi d’atterraggio alla cieca degli aerei».
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