La Nuova Sardegna

Cagliari

Strage di pesci nello stagno Sa Praia

Gian Carlo Bulla
Strage di pesci nello stagno Sa Praia

Villaputzu, una grave mazzata per i pescatori: ci vorranno tre anni prima che lo specchio d'acqua torni a essere produttivo

26 luglio 2018
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VILLAPUTZU. Ecatombe di pesci nello stagno di Sa Praia, il sito di interesse comunitario (sic) appartenente al demanio della regione, in concessione, per lo sfruttamento, alla “ Società consortile compendio ittico Villaputzu” nata dalla fusione delle cooperative Quirra, Is Gibas e Porto Corallo. Lo stagno salmastro alimentato dall’acqua del mare attraverso un canale artificiale che ha la presa nei pressi dell’imboccatura del porto e dalle acque dolci del Rio Gironi “attinte” prelevate attraverso una chiavica dal Flumendosa, ha un’estensione di circa 87 ettari. Non si conoscono ancora le cause che hanno provocato la morte di tutti i pesci dello stagno, sia degli esemplari adulti che del novellame, e dei molluschi bivalvi. Un danno economico ed ambientale immane, senza precedenti, come dimostrano le “carcasse” di migliaia di cefali, branzini, orate, sogliole, saraghi, mormore, anguille, arselle e vongole, affiorati in superficie. Secondo le prime attendibili stime circa diecimila chili.

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Si cerca adesso di capire quali sono i motivi che hanno provocato lo sterminio dei pesci. Diverse sono le ipotesi. Una delle più attendibili è l’insufficienza di ossigenazione. Nessuno però si sbilancia. A stabilirlo con certezza saranno le analisi che sono in corso. Prelievi sono stati effettuati dall’Arpas e dal servizio veterinario dell’asl. Ad esaminarli sarà l’istituto zooprofilattico. Intanto i nove soci della cooperativa che ha in concessione le acque stanno provvedendo a raccogliere i pesci morti prima che si inabissino e si imputridiscano. Con molta probabilità saranno interrati in una fossa che sarà scavata nei pressi dello stagno. Una grossa mazzata per i pescatori. Occorreranno, infatti, non meno di tre anni prima che lo specchio d’acqua torni ad essere produttivo.

“Da diverso tempo avevamo segnalato agli enti proposti che l’imboccatura del canale che alimenta lo stagno era quasi occlusa a causa delle mareggiate- sottolinea Mariano Fanni, amministratore della società consortile, e che pertanto l’apporto di acqua marina era del tutto insufficiente. Nessuno però si è sentito in dovere di intervenire. Adesso ci aspettano tempi duri, ne siamo consci. Ci auguriamo che la regione ci venga incontro . Il disastro poteva essere evitato. A pagare non dobbiamo essere solo noi ma anche i responsabili”.

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