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Cagliari

Fotovoltaico nel Sulcis: sei indagati per la maxitruffa

Fotovoltaico nel Sulcis: sei indagati per la maxitruffa

La Procura di Cagliari chiude le indagini, c'è anche il fratello di Walter Veltroni

03 dicembre 2018
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CAGLIARI. La Procura di Cagliari ha chiuso le indagini sulla maxi truffa ai danni dello Stato che vede coinvolte due società, titolari di altrettanti impianti fotovoltaici a San Giovanni Suergiu e Santadi, nel Sulcis, sequestrati nel maggio scorso dal Nucleo investigativo regionale del Corpo forestale e dal Nucleo di polizia economica e finanziaria della Guardia di finanza. Sei le persone indagate, a vario titolo, per truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni del Gestore dei servizi energetici (Gse) di Roma e di lottizzazione abusiva. Due le società finite nell'inchiesta: la Enervitabio San Giovanni e la Enervitabio San Nicola.

Tra i sei indagati a cui il pm Daniele Caria ha inviato gli avvisi di chiusura delle indagini, spicca il nome di Valerio Veltroni, fratello di Walter, consigliere della società Enervitabio di San Giovanni Suergiu. Con lui sono coinvolti Paolo Magnani, responsabile della Enervitabio San Nicola di Santadi, Efisio Muntoni, Giovanni Battista Massa, Paolo Franco Balia e Roberto Bachis. Secondo quanto accertato dagli investigatori, i titolari delle due aziende avrebbe dichiarato falsamente che la loro principale attività era quella agricola, ma in realtà veniva prevalentemente prodotta energia elettrica.

Non solo. Secondo le accuse gli indagati, nelle varie cariche che rivestivano, avrebbero raggirato il Gestore servizi energetici di Roma presentando un progetto totalmente difforme da quello approvato dagli uffici tecnici comunali di San Giovanni Suergiu e Santadi, realizzando così una lottizzazione abusiva. Nel maggio scorso il Gip del Tribunale di Cagliari ha disposto il sequestro preventivo dei due impianti fotovoltaici del Sulcis e dei terreni vicini. Sequestrati «per equivalente» oltre 130 tra fabbricati e terreni dislocati in Sardegna ed Emilia Romagna, 280 tra conti correnti e cassette di sicurezza nonché quote societarie per 16 milioni di euro, corrispondenti a quanto guadagnato con la maxi truffa.

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