La Nuova Sardegna

Nuoro

Sui muri di Orgosolo il comunismo visto da 5 ragazze russe

di Mattia Sanna
Sui muri di Orgosolo il comunismo visto da 5 ragazze russe

Il sindaco Dionigi Deledda premia le giovani artiste Sono sbarcate in paese dall’Accademia di San Pietroburgo

27 luglio 2014
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ORGOSOLO. Un murale per raccontare gli orrori del comunismo. Un murale per siglare una rinnovata amicizia tra uno sperduto borgo, nel cuore della Barbagia, e la lontana Russia. Sono trascorsi esattamente cinquant’anni da quando Francesco Del Casino, docente di educazione artistica, “orgolese nato a Siena”, si trasferisce nel paese del Supramonte, dopo aver vinto il concorso per una cattedra. Quel giovane docente diede avvio, con i propri alunni, due lustri più tardi, ad una originale esperienza artistica che aveva come obiettivo quello di “rompere il muro che separa la scuola dalla società” influenzata da un crescente clima culturale di stampo neorealistico. Oggi, la fama dei “muri parlanti” di Orgosolo ha fatto il giro del mondo.

Sulle pareti di questo villaggio, appartenente alla geografia dell’entroterra isolano, conosciuto per le leggendarie imprese di banditi e per la ribellione ad uno Stato invasore e patrigno che ne avrebbe voluto militarizzare i confini, passano le immagini degli eventi, che maggiormente hanno segnato la storia di numerose Nazioni. È quasi come se la storia del pianeta si fosse fermata qui e avesse lasciato il segno. Orgosolo è riuscita nel corso di alcuni decenni a costruire una dimensione aperta al confronto. «L’amministrazione comunale – afferma il sindaco Dionigi Deledda – crede molto nei programmi di scambio e di collaborazione interculturale. Grazie ai quali si evidenzia il profilo accogliente ed ospitale delle nostre genti e sul quale possono aprirsi interessanti prospettive economico-turistiche». Un animo e un’indole, testimoniati attualmente dalla presenza di una vivace comitiva di allieve premiate dal primo cittadino, durante il consiglio comunale di venerdì scorso. Allieve dell’antica Accademia delle belle arti di San Pietroburgo. Impegnate, per tutto luglio, in un ciclo di lezioni itineranti, in Sardegna, in particolare nel paese del Nuorese. Evgeniia Melnikova, Olga Shepel, Anna Gripaseva, Aleksandra Borisenko, sotto la guida dell’insegnante Janina Antsulevich, stanno completando in questi giorni un’opera che ricorda e mantiene viva la memoria della dittatura staliniana nell’ex Unione sovietica. «Il regime comunista – spiega la responsabile del corso – ha mietuto cinquanta milioni di vittime, internate e giustiziate nei gulag. Realizzando, con le proprie politiche e con la connivenza delle fasce più ignoranti della popolazione, un incalcolabile disastro economico. Di cui si percepiscono ancora i segni». «Il patrimonio letterario e librario – aggiunge – è stato distrutto. Demolite le classi dei pensatori e degli intellettuali». Questo regime sanguinario, dunque, ha posto le sue basi sull’illusione su una apparenza di benessere e floridità. Un inganno vero e proprio, che viene evidenziato e caratterizzato al centro della composizione pittorica messa a confronto, nei margini, con una realtà ben più triste e dura. La cui responsabilità si deve, in buona parte, al capo della polizia segreta Lavrentij Berija. Ritratto a lato del murales, con una frusta in mano, un’allegoria, che vuole testimoniare un vissuto concreto, fatto di sopprusi e ingiustizie.

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