La Nuova Sardegna

Nuoro

Agguato all’ex vicesindaco in cella anche il sicario

di Tiziana Simula
Agguato all’ex vicesindaco in cella anche il sicario

Sviluppi nelle indagini dei carabinieri dopo l’arresto del mandante Michele Marras, 41 anni, è accusato di aver sparato a Giovanni Cabua

11 luglio 2015
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NUORO. Il movente di quell’agguato messo a segno in pieno giorno nelle campagne di Nurai era apparso subito chiaro agli investigatori: dietro la raffica di pallettoni esplosa contro l’ex vicesindaco di Lula Giovanni Cabua, scampato solo per miracolo alla morte, c’era l’acredine covata per anni e sfociata in vendetta, per questioni legate a un terreno. Raimondo Melone 46 anni di Lula serbava forti rancori nei confronti dell’ex amministratore comunale: da lui aveva preso in affitto un terreno dal quale era stato sfrattato quattro anni prima. La famiglia Cabua, infatti, aveva deciso di costruire un maneggio proprio su quell’area, confinante con il suo ovile e fino ad allora da lui utilizzata per il pascolo dei suoi animali. Così, Giovanni Cabua aveva ripreso possesso di quell’appezzamento di terreno.

Con l’accusa di tentato omicidio, il 22 novembre scorso, l’allevatore lulese era finito in carcere, con l’accusa di essere il presunto autore dell’agguato a Giovanni Cabua, avvenuto il 4 giugno 2014, poco dopo le 17, nelle campagne di Lula. Da allora, però, l’attività investigativa dei carabinieri della compagnia di Bitti non si sono mai fermate. Molte cose non tornavano nella ricostruzione dei fatti. Melone aveva agito da solo? Era stato lui o qualcun altro a imbracciare il fucile? Ieri, i nuovi sviluppi nelle indagini. Con l’arresto di una seconda persona, ritenuta dagli investigatori, l’esecutore materiale del tentato omicidio. A sparare contro l’ex vice sindaco sarebbe stato Michele Marras, 41 anni di Lula, mentre Raimondo Melone sarebbe stato il mandante. «Sulla scena del crimine erano in due»: a questa conclusione sono arrivati i carabinieri di Bitti che all’alba di ieri, coadiuvati dai militari del reparto squadriglie del comando provinciale di Nuoro, dello squadrone eliportato Cacciatori di Sardegna e dalle unità cinofile, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Nuoro Claudio Cozzella su richiesta della Procura (le indagini sono coordinate dal pm Andrea Vacca), nei confronti di Michele Marras. E notificato il provvedimento in carcere a Raimondo Melone, già a Badu ’e Carros. Entrambi sono accusati di tentato omicidio.

L’operazione è stata illustrata ieri nella caserma di Sant’Onofrio dal comandante provinciale dei carabinieri, il colonnello Saverio Ceglie, e dal comandante della compagnia di Bitti, capitano Fabio Saddi.

Le indagini hanno portato anche agli arresti domiciliari di altre due persone: Sebastiano Carta, 52 anni, e Salvatore Lai, di 38, mentre è stato disposto l’obbligo di dimora per Giovanni Pietro Paddeu, 36 anni, tutti pregiudicati e accusati a vario titolo di detenzione illecita di armi clandestine, anche se risultati estranei al tentato omicidio, come sottolineato dagli stessi carabinieri. Sempre per detenzione illecita di armi sono stati anche denunciati due fratelli.

Movente e dinamica dell’agguato all’ex vice sindaco di Lula sono stati ricostruiti dal comandante Saddi. «Si voleva fare piena luce sul fatto», ha sottolineato il colonnello Ceglie. Il rancore di Raimondo Melone nei confronti del suo vicino di terreno sarebbe cominciato nel 2010 quando Cabua, che aveva affittato per anni a Melone la sua terra, aveva deciso di riappropriarsene per costruire un maneggio per il figlio Pietro. La cosa, a Melone, non era andata giù. Prima degli spari c’erano stati per Cabua diversi messaggi intimidatori: nel 2011 nel maneggio del figlio era stato strangolato un cavallo, poi, altri cinque erano stati uccisi a fucilate. Il 4 giugno 2014, due colpi di fucile avevano raggiunto Cabua mentre foraggiava i cavalli, ferendolo al fianco sinistro e alla spalla e riducendolo in gravissime condizioni. Vivo per miracolo, grazie a una balla di fieno che aveva tra le mani e che aveva rallentato la rosata di pallettoni. Era riuscito a nascondersi dietro la benna di un mezzo meccanico e da lì aveva chiamato il figlio. Che aveva dato l’allarme. Gli spari erano stati esplosi da una distanza di circa 30 metri, da una cava dismessa nascosta dalla vegetazione.

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