La Nuova Sardegna

Nuoro

Un colpo di pistola dopo la lite: 9 anni

Un colpo di pistola dopo la lite: 9 anni

Il muratore di Arzana Aldo Doa è stato condannato per l’assassinio di Silverio Usai nelle campagne di Tortolì nel 2014

15 gennaio 2016
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LANUSEI. Nove anni e 4 mesi di condanna per un omicidio d’impeto, avvenuto al culmine di un violento litigio per lo sconfinamento di pascolo di un cavallo. Un solo colpo di pistola. Silverio Usai, 30 anni, un operaio di Tortolì, era morto poco dopo: un proiettile l’aveva raggiunto alla testa. L’avversario Aldo Doa, 55 anni, un muratore di Arzana, si era dato alla latitanza e si era consegnato due giorni dopo al vicequestore Fabrizio Mustaro, dirigente della squadra mobile di Nuoro, che era andato a incontrarlo in campagna dove l’assassino lo stava aspettando in compagnia del suo avvocato. La tragedia era accaduta la sera del 12 aprile 2014 a Tortolì, nella zona industriale di Baccasara.

Ieri mattina, il processo per il litigio e l’omicidio è andato a sentenza nell’aula delle udienze preliminari del tribunale di Lanusei. Il giudice Paola Murru ha condannato a 9 anni e 4 mesi Aldo Doa, il muratore di Arzana, per omicidio volontario, concedendogli però l’attenuante della provocazione e l’ha invece mandato assolto dall’accusa di porto d’arma clandestina: la pistola 7,65 dal quale era partito il colpo mortale che aveva ucciso Silverio Usai. Aldo Doa potrà continuare a scontare la pena agli arresti domiciliari, che gli erano stati concessi nel mese di ottobre del 2014 per poter lavorare.

«Attendo con ansia di leggere le motivazioni – ha spiegato l’avvocato Marcello Caddori, difensore di Aldo Doa, subito dopo la sentenza –. Ritengo comunque che sia una sentenza illogica e contraddittoria. Illogica per assenza di prove e contraddittoria perché, una volta che il giudice ha assolto Aldo Doa dall’accusa di porto d’arma, non riesco a capire come abbia potuto contestargli l’omicidio volontario. Anche perché tutta l’azione è stata brevissima – ha aggiunto il penalista ogliastrino –, la lite è durata pochi secondi, come è stato confermato dai filmati delle telecamere dei negozi vicini al luogo del delitto. Ora aspetto le motivazioni, ma è certo che faremo ricorso in appello».

L’avvocato Caddori, che aveva chiesto l’abbreviato condizionato ai vari processi nei quali la vittima era comparso come imputato. per la sua familiarità con le armi, in particolare con una pistola clandestina che è quella da cui è partito il colpo mortale, nella sua arringa aveva parlato per oltre sette ore, sottolineando l’inconsistenza dell’accusa di omicidio volontario sostenuta dall’accusa e soffermandosi sulla provocazione e soprattutto sull’eccezionale velocità dei fatti accaduti la sera del 12 aprile 2014. Che portavano chiaramente a escludere la volontarietà dell’omicidio e invocando un’eventuale condanna per eccesso di legittima difesa.

Il pubblico ministero Nicola Giua Marassi aveva invece concluso la sua requisitoria sollecitando la condanna di Aldo Doa a 13 anni e quattro mesi per omicidio volontario, riconoscendo l’attenuante della provocazione. Ma aveva anche chiesto la condanna a un anno e sei mesi per detenzione di arma clandestina. Sulla stessa linea i patroni di parte civile nominati dai familiari di Silverio Usai. Gli avvocati Fattacciu, Cofano, Ledda, Tronci e Maxia avevano sollecitato una severa condanna condanna per l’imputato e richiesto un robusto risarcimento.

Il colpo mortale era partito al culmine di una violenta colluttazione tra Aldo Doa e Silverio Usai. I due avevano cominciato a litigare dopo l’ennesimo sconfinamento del cavallo della vittima nel terreno del muratore di Arzana. Stanco della situazione, Doa aveva chiesto spiegazioni a Usai che l’aveva affrontato a muso duro. Dalle parole ai fatti il passaggio era stato brevissimo, fino a quando non era comparsa la pistola. Così era partito un colpo nel silenzio della campagna di Baccasara.

Doa era scappato mentre Usai era rimasto a terra. Centrato da un colpo di pistola calibro 7,65, alla testa. Per un po’ si era addirittura pensato che fosse morto dopo essere stato colpito da un calcio del cavallo. (plp)

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