La Nuova Sardegna

Nuoro

L’ultimo guerriero del Premio Nobel

di Giacomo Mameli
L’ultimo guerriero del Premio Nobel

Lutto per la scomparsa di Alessandro Madesani Deledda Il dolore per il mancato feeling tra la nonna Grazia e la città

13 novembre 2016
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NUORO. Un ricordo toccante arriva dalle sponde del Pacifico, dall’università di Davis in California dove Margherita Heyer Caput (cagliaritana di nascita) insegna Italianistica con un corso su Grazia Deledda seguito da 150 studenti di tutto il mondo. «Dispiaciuta e affranta» per la morte di Alessandro Madesani (si è spento avant’ieri a Luino, a 77 anni), ultimo nipote del premio Nobel, la professoressa ricorda alcuni episodi nella casa di Madesani, a Poppino, sul Lago Maggiore dove “Sandro” viveva: «Non dimenticherò mai l’emozione del momento in cui mi mostrò, nel salotto di casa, la medaglia del Nobel. E quando mi additò, nell’ingresso in penombra, il luminoso ritratto deleddiano di Plinio Nomellini: esposto alla Biennale di Venezia del 1913, già suggeriva la modernità trasgressiva della visione del mondo che la Deledda seppe intrecciare inscindibilmente alla narrazione della “sardità” come categoria esistenziale. Sandro ha assorbito tutto questo dall’opera della sua amata “Nonna” infondendovi eccezionale calore umano, cordiale spontaneità, ricchezza d’iniziativa e d’impegno culturale». La Heyer Caput, prima critica a rimarcare la «multimedialità della Deledda che già un secolo fa, nel 1916, consente di trasportare nel cinema il romanzo Cenere con l’interpretazione di Eleonora Duse», ha avuto accesso a carteggi inediti per sostanziare la sua tesi sulla «precoce ricettività deleddiana delle teorie filosofiche della modernità». Perché la scrittrice nuorese è stata una antesignana del femminismo moderno, titolo riconosciuto Oltralpe e OltreAtlantico piuttosto che in Sardegna.

È stato “lo strappo lacerante” della Deledda con Nuoro uno dei tormenti interiori di Madesani. Lo rimarcano due conoscitori di “Sandro” e della Deledda, Carmelo Cicalò e il giornalista nuorese Antonio Rojch che con Madesani hanno speso una vita nel voler dare valore internazionale alla grande scrittrice. Rojch testimonia «quasi la rabbia, il rovello di Madesani nel mancato feeling tra Grazia Deledda e la città dove è nata» come se Nuoro – come è avvenuto con Salvatore Satta – voltasse le spalle ai suoi veri Giganti. Madesani, in colloqui privati, aveva perfino detto «porterò via mia nonna da Nuoro» e soffriva per il «silenzio che per decenni è stata fatto cadere su mia nonna». Né aveva apprezzato la scultura di Pietro Costa sistemata «come un palo bloccatraffico» nella parte alta del Corso, davanti a via Tola, «scultura che non interpreta il ruolo svolto dalla Deledda nei primi trent’anni del secolo scorso». Per fortuna è stato il Comune di Galtellì a “rimediare” a “tanta dimenticanza” perché il paesino della Baronia sotto Tuttavista ha «saputo dare spessore culturale a una delle grandi firme del Nocevento mondiale». Ecco perché era a Orosei, da Carmelo Cicalò e Maria Piu «la seconda casa di Madesani dopo quella di Luino dove viveva con la moglie Doroty». Ricordi di Madesani giungono dall’università di Zagabria. Dubravka Dubracev Labas, vincitrice Premio Deledda nel 2010: «Dopo la pubblicazione della mia opera Grazia Deledda e la piccola avanguardia romana ho intessuto un rapporto di corrispondenza con Alessandro Madesani, che si interessava sempre delle fortune della scrittrice in Croazia, per la diffusione dei suoi romanzi. E non solo. Era un grande conoscitore di letteratura e arte, un lettore attento e prima di tutto un uomo onesto. Che il Redentore dell’Ortobene gli faccia da guida nell’aldilà». Neria De Giovanni, presidente dell’associazione critici letterari internazionali ha ricordato di Madesani «il suo essere vigile e attento a tutto quello che si pubblicava sulla Deledda. Era come un mastino, un cane da guardia, con le sue prese di posizione molto coraggiose».

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