La Nuova Sardegna

Nuoro

Nessuna prospettiva per 450 ex lavoratori del comparto tessile

di Tito Giuseppe Tola
Nessuna prospettiva per 450 ex lavoratori del comparto tessile

Senza occupazione da anni né ammortizzatori sociali Un dramma infinito sulle ceneri di un fallimento industriale

15 novembre 2016
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MACOMER. Non sono una specie estinta, cancellata dalla crisi e dalla fine degli ammortizzatori sociali decisa un anno e messo fa dal Governo. Gran parte dei lavoratori tessili della provincia di Nuoro ci sono ancora. Sono circa 450 i lavoratori delle aziende di Ottana, Macomer e Siniscola che chiusero gli stabilimenti tra il 2005 e il 2008 mettendo la gente per strada. Molti si dibattono in gravi difficoltà economiche. Non solo non c’è più il lavoro, ma ormai non c’è neppure il lavoro nero che garantiva una o più giornate di reddito per sbarcare il lunario.

Le misure di politiche attive per il lavoro che il piano della Regione per il settore tessile aveva messo in campo per chiudere una stagione di lotta avviata due anni fa dai lavoratori si sono rivelate del tutto inadeguate. Le assunzioni si possono contare sulle dita di una mano e centinaia di lavoratori licenziati sono ancora in attesa di risposte. A luglio era atteso un nuovo bando della Flexicurity, un tirocinio che avrebbe dovuto aprire la porta di una nuova occupazione. Finora ha funzionato come una sorta di assistenza (600 euro al mese per sei mesi di impiego in azienda): insomma, un ammortizzatore sociale. Si attende che il bando esca entro la fine dell’anno. La Flexicurity è stata usata come una specie di ammortizzatore sociale. Meglio quella di niente. Stesso discorso per la misura Welfare to Work . A chi assumeva per tre mesi garantiva una dote di 12.500 euro. Altri cinquemila se faceva formazione. Risultati pochissimi. «Servono misure più incisive. Le politiche attive del lavoro non producono nulla dove non ci sono imprese – spiega Jose Mattana della Cgil, che è stato per anni segretario dei tessili della provincia di Nuoro e conosce il problema –. Chi assume e dà lavoro è l’impresa. Misure come Welfare to Work e Flexicurity possono funzionare dove ci sono le imprese. Da noi non ci sono più e non funzionano. Soluzioni? Non saprei. Un’ipotesi sarebbe quella che il sindacato ha avanzato al tavolo regionale che monitora l’accordo. Si tratterebbe di inserire la Flexicurity nel contratto di ricollocazione. Chi è in mobilità in deroga è preso incarico dalle agenzie del lavoro che hanno un incentivo se riescono a fare assumere qualcuno. La Flexicurity servirebbe da tirocinio formativo. Il problema è che non ci sono aziende». Sullo stesso problema si è soffermato l’assessore regionale ai Lavori Pubblici, Paolo Maninchedda, intervenendo all’inaugurazione della sede di Borore del Partito dei Sardi. Maninchedda ha spiegato che la politiche attive del lavoro si sono rivelate inefficaci per risolvere il problema dei tessili, mentre i cantieri verdi, già sperimentati in questo territorio dal 2009, danno risposte subito. In poche parole, la gente mangia tutti i giorni è ha necessità di lavorare per garantirsi un reddito. L’assessore Maninchedda ritiene che la valorizzazione delle risorse locali, a partire da quelle ambientali e culturali, sia in grado di creare occupazione per porre le basi al rilancio del territorio.

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