La Nuova Sardegna

Nuoro

Omicidio Piras, scontro in aula sui contenuti delle intercettazioni

Omicidio Piras, scontro in aula sui contenuti delle intercettazioni

Lula, in Corte d’Assise consulenti delle parti a confronto sulle registrazioni telefoniche e ambientali L’avvocato Lai ha chiesto la revoca della misura cautelare in carcere per l’imputata Alice Flore

23 dicembre 2016
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NUORO. È stato scontro tra periti al processo in Corte d’Assise per l’omicidio di Angelo Maria Piras, il giovane di Lula ucciso a fucilate il 25 gennaio del 2015.

Davanti alla Corte presieduta dal giudice Giorgio Cannas (a latere Annalisa Useli Bacchitta) è sul dettagliato e articolato confronto tra le traduzioni (spesso non corrispondenti) effettuate dai periti dell’accusa, di parte civile e della difesa che si è sviluppata l’udienza tecnica di ieri. È emerso, infatti, che ad alcune parole tradotte dal sardo all’italiano, in certi casi, i periti hanno attribuito significati diversi; altre frasi, invece, trascritte dai carabinieri della compagnia di Bitti che hanno svolto le indagini, sono risultate inesistenti. O meglio, non sono state mai udite dai consulenti.

Primo ad essere sentito in aula Francesco Pinna, perito del tribunale che rivolgendosi alla Corte ha risposto alle domande del pm Ghironi e degli avvocati Mario Lai e Angelo Manconi, difensori dei due imputati Nico Piras e Alice Flore, fratello e cognato della vittima. Il perito, nell’evidenziare le difficoltà affrontate nell’ascolto dei file audio, ha detto di aver sentito le voci di tre persone (nella relazione ha indicate come: maschile, femminile e infantile), delle quali però, non ha saputo indicare la distanza rispetto alla microspia sistemata all’interno dell’auto e azionata dall’abbaiare dei cani e da una pigna caduta sul tettuccio (pigna che poi Walter Marcialis, consulente della difesa, dirà inesistente perchè il pino nel cortile della casa dei Piras è frangivento e non produce pigne ndr).

La frase “picati sos guantes...” pronunciata secondo l’accusa da Alice Flore la mattina dell’omicidio, non è stata udita però nè dal perito del tribunale, nè dal consulente della difesa. È stata invece “captata” dal consulente di parte civile Salvatore Sanna. E ancora: “Preparatinne battoro non siat croccatu in que ...”: per i carabinieri i due imputati parlano di cartucce da usare per l’omicidio e ipotizzano tra loro che la vittima possa aver dormito là, nel luogo del delitto. Ma Pinna, anche in questo caso, ha sottolineato di non avere alcun elemento per stabilire che marito e moglie parlassero di cartucce; ha inoltre detto che il termine “cue” indica in sardo qualcosa che si trova a breve distanza. Ma su questo punto si è soffermato il legale di parte civile, l’avvocato Giovanni Colli che ha chiesto al perito (avendo poi conferma), se proprio in sardo quella parola (cue) in realtà possa indicare anche un luogo lontano se tra due persone che parlano si conosce la località. Aspetto confermato anche dal consulente di parte civile, Salvatore Sanna, che ha dichiarato che “cue”, se si parla di un punto determinato, può indicare anche luoghi lontani dal luogo in cui si trovano i soggetti che la pronunciano. Il consulente della difesa Walter Marcialis ha cercato di spiegare in aula il complesso lavoro svolto per l’ascolto delle intercettazioni. Ricevuto l’incarico, Marcialis ha cercato di capire, attraverso un sopralluogo cosa avesse prodotto i rumori registrati dalla microspia collocata nella vettura di Nico Piras. «Sistema che prende impulso 2 o 3 secondi dopo perchè attivato attraverso una telefonata dal server. Di notte – ha spiegato il consulente – quando si attiva il “vuoto del suono” le microspie si azionano più celermente. Ho frammentato le frasi e valutando i tempi di pronuncia ho potuto evidenziare come in certi casi non ci fosse coincidenza tra i file originari e le trascrizioni fatte dagli inquirenti».

Nel corso della prossima udienza del 18 gennaio verranno sentiti in aula alcuni file audio. Intanto la Corte dovrà pronunciarsi sulla richiesta di revoca della misura cautelare in carcere da parte dell’avvocato Lai per Alice Flore. Il legale ha chiesto che la donna venga trasferita a casa dei familiari a Bitti, in modo da poter evitare la reiterazione del reato. La si potrebbe controllare attraverso il sistema elettronico del braccialetto. La Corte però si è riservata di decidere.

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