La Nuova Sardegna

Nuoro

«Delitto impressionante una violenza da medioevo»

di Sergio Secci
«Delitto impressionante una violenza da medioevo»

L’avvocato criminologo Mara Lapia analizza l’assassinio della 36enne cinese Continua la caccia al killer, le indagini puntano sull’esame del Dna

16 aprile 2017
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POSADA. L’omicidio della giovane mamma Lu Xian Cha, ha destato sgomento e clamore non solo a Budoni e Posada ma in tutta la Sardegna. Era dagli anni Sessanta, quando a La Caletta nel corso di una rapina venne ucciso a colpi di pistola il tabaccaio Giovanni Cherchi, che non si registrava un fatto del genere. Tanti i tentativi di rapina e anche le violenze ai danni di commercianti, ma mai si era arrivati a una così tragica conclusione. «Come madre e donna l’omicidio della povera Lu Xian Cha mi ha impressionato – dice l’avvocato criminologo Mara Lapia –. La vita spezzata di una giovane madre colpisce nel profondo, facendo sì che ogni donna non possa fare a meno di immedesimarsi in quella situazione e pensare al dolore dei bimbi, con cui dovranno fare i conti per tutta la vita. Sia per la mancanza della mamma, sia per il modo tragico in cui la morte è avvenuta».

In attesa di novità da parte degli inquirenti, «da criminologa, devo dire che il delitto non fa che confermare ciò che vedo e vivo ogni giorno nella realtà che ci circonda. È vero che si è sollevato il livello di sensibilizzazione e di percezione del crimine, ed in particolare di quelli che coinvolgono le fasce più deboli, ma vedo aumentare in maniera preoccupante il livello di violenza, gli atti di bullismo dentro e fuori le scuole, mentre la violenza verbale è diventata pane quotidiano per molti. Stiamo vivendo un nuovo medioevo dove la violenza sta prevaricando il buon senso». E alla domanda se si può parlare di femminicidio, Lapia subito risponde: «Ad oggi non si può parlare di violenza di genere e quindi di femminicidio, perché non si conosce ancora il movente che ha spinto l’autore a compiere l’omicidio. Questo tipo di reato si configura nel momento in cui una donna viene uccisa proprio perché appartenente al genere femminile come una madre, moglie o amante. Per adesso non è questo il caso».

Come si può intervenire? «La prevenzione è sempre alla base della lotta che riguarda certi crimini – dice la criminologa di Posada –. Da genitori, dobbiamo sensibilizzare i giovani fin dalla tenera età, insegnare il rispetto del prossimo, educarli alla non violenza e a rispettare il valore della vita. I genitori devono capire che i figli assorbono tutto e vivono nel loro esempio. C’è veramente necessità di ricostruire la nostra società. Da poco un ragazzo è stato condannato a vent’anni per l’omicidio di altri due giovani. Questo ci porta a capire quanto poco valore diano alla vita, sia a quella delle due vittime che della propria».

Ma chi può aver compito l’omicidio di Budoni? «Dalle informazioni che ho appreso dalla stampa, le piste possono essere diverse: la più probabile è quella di un rapinatore poco esperto che nella ribellione della donna anziché darsi alla fuga ha compiuto un delitto d’impeto. L’arma dice molto sulla impreparazione di chi ha commesso il fatto, perché un’arma da taglio è più difficile da gestire di una pistola e mette a rischio il criminale che si può procurare egli stesso delle ferite lasciando tracce di dna come pare che sia successo. Si potrebbe anche pensare ad una vendetta, ma in fondo sono tutte supposizioni perché questo non è un delitto tipico. Il fatto si presta a più di una chiave di lettura». «Io preferisco valutare il fatto come un gravissimo atto di violenza e lasciare agli inquirenti la ricerca del colpevole. Il ruolo delle forze dell’ordine è sempre fondamentale e questo caso è seguito da persone preparate» sottolinea ancora Mara Lapia. «La prova scientifica può portare al responsabile in due modi, se è già stato schedato, ovvero se vi è stata occasione per le forze dell’ordine di prelevare il suo dna e inserirlo nella banca dati. Oppure è utile se vi sono dei sospettati. A quel punto viene prelevato il dna e si compara con quello ritrovato su luogo del delitto. In terza battuta potrebbe esserci solo un dna ma nessuno in banca dati e nessun sospettato da testare. Allora si conserva il reperto nell’eventualità che un domani venga trovato un soggetto a cui appartenga magari mentre commette un altro reato».

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