La Nuova Sardegna

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sarule 

I primi 100 anni di “thia” Michela Porcu 

di Francesco Pirisi
I primi 100 anni di “thia” Michela Porcu 

Grande festa per l’ultima centenaria barbaricina del terzo millennio, nubile convinta

04 luglio 2017
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SARULE. L’ultima centenaria barbaricina del terzo millennio e, ancora, la più giovane del ‘900. Due condizioni di vita e due stati d’animo diversi, che si sono uniti nella figura di thia Michela Porcu, “Gergei”, 100 anni, di Sarule, con compleanno il 23 giugno scorso. Uniti, ma non fusi, perché la vegliarda continua a tenerli distinti e se fosse per lei vivrebbe sempre la prima condizione, e non solo per un fatto di anagrafe. Lo dice il continuo ricordare i giorni della giovinezza e della maturità, la vita in famiglia, la società sarulese. Così come è sintomatico un certo distacco da quanto ha modificato usi ed equilibri del tempo passato, senza evitare anche un certo orgoglio di classe. I cento anni di thia Michela, però, parlano e raccontano di un paese intero, con il bene e il male, i benestanti e i meno agiati, ma soprattutto con i princìpi e le regole di un’esistenza dignitosa. Il popolo in mezzo al quale ha celebrato il traguardo di vita, dalla messa in parrocchia alla cena comunitaria, con balli, canti e versi scritti per l’occasione. Così ieri, oggi e gli anni di cui ancora vedrà sorgere il sole, considerato che la fibra fisica l’assiste sempre e la mente le consente considerazioni e risposte almeno all’altezza delle domande e curiosità di chi le fa visita nell’abitazione di “Mossempera”, per godere della sua compagnia.

Gli argomenti di dialogo sono tanti, considerata l’età. La preferenza è il riportare alla mente le figure dei genitori, Pietro Porcu, e Rughita Pinna. I fratelli Cosimo, soldato nelle campagne imperialistiche del regime, e Peppeddu, che dopo la guerra partirà per l’Australia, e là consumerà i suoi giorni. Il suo mondo, per lei nubile convinta, diventeranno le famiglie delle sorelle Giovanna e Mariangela, e i nipoti a cui sarà legata dall’affetto di una seconda mamma. Perché portatrici dello stesso sangue e di un’identica storia. Il padre Pietro fa il pastore tra “Sa Serra” e “Sa Menta”, ma con un occhio attento anche alla comunità, della quale è uno dei primi amministratori civici nel tempo della Repubblica. La figlia Michela spiega anche quella che è l’azienda familiare: «Mucche, pecore e maiali, questo il patrimonio di bestiame. Nell’azienda c’era il servo pastore e l’aiutante per le attività di coltivazione, dal grano all’orzo», alle quali contribuivano anche le giovani di casa-Porcu, nei campi per la trebbiatura. Tra i mali i furti degli abigeatari. Questi si presentarono una notte anche nella casa sotto Sant’Antonio, dove Pietro Porcu teneva i maiali all’ingrasso. Vennero portati via, per poi essere uccisi e abbandonati dai ladri, ormai braccati dal proprietario e dai parenti partiti alla ricerca seguendo le tracce stampate sul terreno. Dai ricordi di thia Michela i momenti comunitari. Quelli tristi della seconda guerra: «La paura era per i possibili bombardamenti. L’altro timore era rappresentato dai soldati tedeschi, che avevano il campo vicino a Sarule. Passavano nelle case e frugavano per cercare alimenti e altri beni. Tanto che si era costretti a nascondere tutto e portare alcune cose in campagna». Negli anni della ritrovata serenità, anche per il rientro dalla guerra del fratello Cosimo, ferimento al fronte, un posto privilegiato ha la fede religiosa. Michela Porcu è spesso tra i novenanti per la festa della madonna di Gonare e nel santuario di San Cosimo a Mamoiada, raggiunto a piedi dopo tre ore di cammino. Nel ’61 svolge il servizio in omaggio alla madonna delle Nevi (“Sa Nivada”, in gergo locale), come prioressa, incarico come obbligato per ogni donna di Sarule. Una delle tante di ogni annata liturgica, divise tra le differenti confraternite, per una parentesi che è una festa nelle feste: il Natale, la Pasqua, le ricorrenze dei santi, segnati da quel legame tra i confratelli, stretto per durare nel tempo. La giornata del centenario vissuta da poco a Sarule si è portata dentro quelli e altri motivi di socialità, per l’omaggio all’ultima vegliarda di Barbagia.

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