La Nuova Sardegna

Nuoro

La guerra per l’acqua: «Non la cediamo all’Egas»

di Francesco Pirisi
La guerra per l’acqua: «Non la cediamo all’Egas»

Difesa a oltranza della propria specificità: dalla rete sgorga come dalle sorgenti L’assessore Luciana Siotto: «Non vogliamo sottostare alle imposizioni regionali»

04 settembre 2017
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OLZAI. Un acquedotto comunale ultracentenario con una funzionalità che non accusa colpi a vuoto. A Olzai, 900 abitanti in piena Barbagia, nei giorni di penuria idrica e potabilità sotto la soglia di molte località, si vive invece senza patemi. L'acqua nella rete c’è, ha una qualità sopra la norma, tanto da poter essere utilizzata anche per dissetarsi. Motivi e ragioni che oggi, così come nei decenni trascorsi, convincono la popolazione a difendere l'indipendenza dell'impianto ogni qualvolta consorzi e società di gestione bussano in municipio per sollecitare che l'acquedotto di “Su demaniu” entri a fare parte del sistema unico regionale.

L’ultima precettazione da parte dell’Egas, l’ente a cui la Regione ha affidato la politica per il governo idrico. L’amministrazione olzaese ha replicato con l'impugnazione della delibera nel Tribunale delle acque pubbliche. Si vuol far valere la norma nazionale che consente ai comuni sotto i mille abitanti di gestire il servizio in autonomia. Dunque, nessuno tocchi le chiare e fresche acque della montagna di confine con l’abitato di Ollolai, raccolte dalla falda di “Pistiddu”, a sud, e da una seconda sorgente che ha origine a “Su Mugrone”, sul versante orientale. Rinomate, conosciute, tanto da entrare nel principio del '900 nel progetto del Genio civile, finanziato dalle casse regie, che diede a Olzai il primo acquedotto della sua storia, in anticipo sui paesi del territorio.

Un sistema costituito da una ventina di depositi, alcuni di accumulo, altri di decantazione e filtraggio, collegati da una condotta in origine in cemento-amianto e ora in polietilene. Due linee di adduzione, che si riuniscono a Santa Sofia, là dove l’abitato cessa e inizia l’incanto di lecci e macchioni di arbusti del monte. La zona è quella del vecchio mulino, l’ultimo rimasto del sistema pre-industriale alimentato dal rio Bisine. A poche centinaia di metri il deposito più grande, da 80 metri cubi, che riunisce la produzione idrica dell’intera montagna.

Una centralina ne regola la clorazione. Goccia su goccia, a ritmo lento, quanto basta per stare dentro i limiti delle leggi sanitarie. Così che l’acqua nei rubinetti è pressoché identica a quella della sorgente.

Risorse adeguate anche nella quantità. L’assessore comunale Luciana Siotto: «Di media ogni giorno vengono utilizzati dalla popolazione 200mila litri d’acqua. Numeri che salgono nel periodo estivo per l'aumento dei consumi nell'uso potabile. Senza dimenticare la parte messa a disposizione per l’approvvigionamento delle aziende agricole, dove spesso sono rimasti a secco fonti e pozzi».

La falda di “Pistiddu”, più abbondante, assicura la copertura per i due terzi del fabbisogno tra i rioni di “Murui” ed “Elisea”. Il resto lo garantisce la sorgente di “Su Mugrone”. L’abbondanza non va tuttavia a braccetto con lo spreco. Tutt’altro. Ogni giorno che sorge è segnato dai controlli degli addetti comunali, da ripetersi la sera, con più attenzione nella stagione secca. Un occhio al deposito di riserva, a Santa Sofia, pronto per le emergenze. L’altro vigila sul livello presente nel locale del “ripartitore”, che nella notte dovrebbe invasare la stessa quantità d’acqua distribuita nel giorno precedente. Ancora l’assessore Siotto: «Il conto quotidiano delle risorse è quasi sempre soddisfacente. Il segreto sta nell'utilizzo oculato e in un controllo dei depositi continuo, per il quale dà una mano anche la popolazione».

Interventi di riparazione immediati nella rete e un allentamento dei consumi se i giorni siccitosi vanno oltre l'ordinario, sono l'altra ricetta per resistere e continuare nell'impresa. Nuove ricerche e altri pozzi di captazione hanno invece costituito la risposta quando l'assenza di piogge si è trasformata in un'emergenza e si sono prosciugate falde di antica vita. L'ultimo intervento di captazione a inizio duemila. Investimenti per conservare intatto il servizio comunale, con i suoi vantaggi, tra cui le bollette meno care rispetto ad Abbanoa, il gestore unico regionale. Gestore idrico le cui porte sono tuttavia sempre aperte in attesa dell’ingresso dei trenta comuni rimasti ancora autonomi. Obbligo scritto nello statuto dell'Egas.

L’ultima precettazione è arrivata a Olzai nel 2016. La risposta dal municipio è stata il ricorso al Tribunale delle acque e l’opzione per conservare l'autonomia concessa ai piccoli comuni. Non senza una ragione di principio nella posizione dell’amministrazione civica: «L’impianto comunale, così com’è strutturato, costituisce un servizio primario per la nostra popolazione. L’acqua la consideriamo un bene collettivo non un elemento su cui speculare».

Tra le altre armi da tirare fuori c’è sempre la rivolta di popolo. Nel segno di uno slogan scritto nella storia della comunità: “Non toccate l’acquedotto”. Difeso e curato da grandi e piccoli, uomini e donne, che ogni anno si mobilitano per la “Giornata dell’acqua” quando vengono ripuliti i depositi e sistemato ogni inconveniente.



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