La Nuova Sardegna

Nuoro

Il padre di Stefano Masala al processo: «Ho cercato mio figlio anche nelle porcilaie»

di Pier Luigi Piredda
Il padre di Stefano Masala al processo: «Ho cercato mio figlio anche nelle porcilaie»

Ricordi drammatici durante l’interrogatorio in Corte d’assise. «Rubare un figlio a una madre è un dolore insopportabile»

20 ottobre 2017
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NUORO. «Non potevo lasciare un amico» parole pesanti come macigni che Marco Masala pronuncia lentamente, che sembra quasi voglia scandirle e invece sono strozzate in gola dal pianto. Sono le parole che il figlio Stefano, 30 anni, il giovane di Nule scomparso nel nulla la sera del 7 maggio 2015, aveva detto quando aveva raccontato a casa della zuffa in occasione di Cortes apertas, nella sala da ballo di Orune, la notte del 13 dicembre 2014. L’origine, il movente di due delitti per i quali si sta celebrando il processo in Corte d’assise. Le parole pronunciate tra i singhiozzi da Marco Masala erano quelle affettuose che Stefano Masala aveva dedicato a Paolo Pinna, 18 anni, di Nule, condannato a 20 anni (il massimo della pena per i minorenni), per il delitto di Gianluca Monni (lo studente 18enne di Orune assassinato a fucilate il 7 maggio 2015) e anche per la scomparsa-omicidio di quel bravo ragazzo che non l’aveva abbandonato mentre veniva massacrato di botte dopo la bravata che aveva compiuto nel locale da ballo, con tanto di pistola puntata in faccia a Gianluca Monni.

Marco Masala ha asciugato con un lembo della manica le lacrime che gli rigavano le guance e ha continuato a scavare nei ricordi. Drammatici. Ogni attimo, degli ultimi due anni che riporta alla memoria, è una spina che penetra dolorosamente nel suo cuore in quella vita che si è trasformata in un calvario. «Non auguro a nessuno di passare quel che abbiamo passato e stiamo passando noi, neppure a chi ha fatto tutto questo – ha aggiunto il padre di Stefano –. Rubare un figlio a una madre è un dolore insopportabile. L’abbiamo cercato disperatamente. Ovunque. Con parenti e amici abbiamo girato mezza Sardegna. Con i carabinieri abbiamo perlustrato laghi, fiumi, pozzi, zone impervie e quasi inaccessibili – ha ricordato Marco Masala prima di farsi nuovamente vincere da quel dolore lancinante che non l’abbandona mai, quando ha aggiunto un particolare tremendo delle ricerche –. Siamo anche andati a controllare quasi tutte le porcilaie tra Goceano e Nuorese alla ricerca di qualcosa che potesse essere collegato a Stefano. Cercando anche resti umani. Sì, ho cercato mio figlio anche nelle porcilaie». Silenzio e dolore. Mentre gli occhi del padre dello scomparso di Nule si inumidiscono e la voce non riesce più a superare il dolore che la strozza in gola.

Poi Marco Masala ha continuato il suo viaggio nel dolore ricordando lo stillicidio di notizie sugli avvistamenti di Stefano, sempre senza fondamento. «Mentre Carmela, mia moglie (morta di tumore il 24 maggio 2016, un anno dopo la scomparsa di Stefano, ndr) ha cominciato a cedere quando con il passare del tempo le speranze di ritrovarlo si affievolivano» ha sottolineato il padre di Stefano prima di ricominciare a raccontare nei dettagli i giorni della scomparsa e poi quelli che li hanno seguiti. Fino a oggi: «Perché non ci siamo arresi e non ci arrenderemo mai fino a quando non sapremo che fine ha fatto Stefano. Ogni mattina vado al cimitero per mettere un fiore nella tomba di mia moglie e le dico che un giorno anche Stefano sarà li vicino a lei».

«Quella sera del 7 maggio Stefano si era tutto profumato aveva indossato una maglietta sui jeans chiari ed era uscito sorridente perché doveva incontrare una ragazza –ha detto Marco Masala –. E non l’abbiamo più visto. L’abbiamo cercato al telefono per tutta la notte, ogni mezzora ma era sempre irraggiungibile. La mattina ho chiamato i suoi amici e mi hanno detto che dopo aver ricevuto una telefonata da Paolo Pinna era uscito. Poi, la sera dell’8 maggio il ritrovamento dell’auto bruciata. Le ricerche e la telefonata di un’amica di famiglia che disse di averlo visto in macchina con un giovane. Mio compare aveva così contattato Paolo Pinna che gli aveva detto: “L’ho visto e poi è andato a incontrare una ragazza. Mi aveva detto che se non l’avesse voluto si sarebbe suicidato”. Ma Stefano amava la vita – ha concluso tra le lacrime la prima parte di interrogatorio Marco Masala –. Aveva troppa voglia di vivere».

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