La Nuova Sardegna

Nuoro

Processo sui veleni di Quirra: «Quirra, spaventoso numero di malati tra chi ci lavorava»

di Giusy Ferreli
Quirra
Quirra

La deposizione dell'ispettore Sechi: «Contati 167 malati. Utilizzati missili al tungsteno e cadmio»

03 novembre 2017
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LANUSEI. Un elenco lunghissimo e drammatico di 167 persone, tra militari e civili, colpite da tumori e da altre gravi patologie che per vari motivi ebbero a che fare con Quirra. I nominativi di uomini e donne, molti dei quali deceduti, sono riecheggiati nel tribunale di Lanusei dove si è celebrata l’ennesima udienza fiume del processo ai veleni di Quirra. Nomi e cognomi scanditi dal testimone della pubblica accusa, il poliziotto Roberto Sechi, e confluiti assieme alle loro cartelle cliniche nel fascicolo che fa parte dell'inchiesta a carico di 8 alti ufficiali. L’ispettore capo della squadra mobile di Nuoro fu tra i poliziotti che investigarono su quel Poligono sperimentale interforze del salto di Quirra che, per tantissimi anni si trasformò in uno dei più grandi teatri europei per le sperimentazioni militari.

Nel vastissimo scenario geografico a cavallo tra Sarrabus e Ogliastra si susseguirono non solo esercitazioni militari delle forze armate, brillamenti di ordigni obsoleti ma anche test sui nuovi armamenti, fabbricati dall’industria bellica con componenti nocivi per uomini e animali e a fortissimo impatto ambientale. Dalla lunghissima deposizione di Sechi di fronte al giudice Nicole Serra riemergono i dettagli sull’indagine e sul ripetuto utilizzo della base da parte dei colossi europei delle fabbriche di armi. Tre, in particolare, le società che sperimentarono missili e altri armamenti negli oltre 14mila ettari del Pisq: l’italiana Oto Melara, la Mdba (costituita un cartello europeo) e l’Europas francese. «L’azienda con sede a La Spezia ha sperimentato i missili Teseo, prodotti con una lega di tungsteno, un elemento considerato altamente cancerogeno. Il missile in seguito all’impatto con il bersaglio produceva dei frammenti che venivano dispersi nell’ambiente».

Nelle schede tecniche fornite dalle ditta produttrici e acquisite c’erano ulteriori indicazioni. «Nella schede del 1994 – ha spiegato il poliziotto sollecitato dalle domande dei pm Biagio Mazzeo e Daniele Loi – veniva segnalata la pericolosità del tungsteno se ingerito e se introdotto nella catena alimentare».

Sempre secondo la scheda tecnica l’area da interdire era di 4 chilometri quadrati. Nei test dei missili Marte della Mdba, avvenuti nella zona a mare di San Lorenzo, a provocare più di una preoccupazione era il kerosene. «Anche in questo caso emergevano criticità – ha dichiarato Sechi – mentre per l’Aster 30 che veniva lanciato dal mare indirizzato verso terra, le scheda tecnica indicava la pericolosità generica a causa del propellente composto da componenti pericolosi come cadmio, piombo, cromo esavalente e berillio». Sechi ha parlato anche dei famigerati missili anticarro Milan, prodotti da Finmeccanica in joint venture con aziende francese. Il sofisticato sistema missilistico già dal 1994 veniva segnalato come pericoloso per la presenza del torio nel sistema di puntamento. E sino al 2000 al Pisq vennero testati 1187 missili Milan.

 

Successivamente, nel 2002, vennero indicate delle precauzioni che mai in precedenza erano state previste. «L’utilizzo del missili anticarro Milan, prevedeva una serie di misure di sicurezza, misure che secondo le nostre indagini non vennero utilizzate durante le esercitazioni a Quirra» ha fatto sapere l’ispettore. L’udienza sulle indagini effettuate dalla squadra mobile di Nuoro, indagini che vennero poi sintetizzate in una comunicazione riepilogativa firmata dal dirigente della Mobile nuorese Fabrizio Mustaro, è stata sospesa dal giudice Nicole Serra.

Si riprenderà il 15 novembre con la prosecuzione della testimonianza di Sechi. Il processo vede alla sbarra con l’accusa di omissione aggravata di cautele contro infortuni e disastri i comandanti del Pisq dal 2004 al 2010, Fabio Molteni, Alessio Cecchetti, Roberto Quattrociocchi, Valter Mauloni, Carlo Landi e Paolo Ricci, e i comandanti del distaccamento di Capo San Lorenzo, Gianfranco Fois e Francesco Fulvio Ragazzon.
 

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