La Nuova Sardegna

Nuoro

Droga nel casolare, orunese 44enne condannato a 4 anni

Droga nel casolare, orunese 44enne condannato a 4 anni

Pietro Tolu venne arrestato insieme alla compagna romena Per l’accusa era sua la marijuana trovata vicino a casa sua

11 novembre 2017
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NUORO. Una condanna a 4 anni e due mesi di reclusione per Pietro Tolu, l’orunese di 44 anni chiamato a rispondere di coltivazione e produzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.

Ieri mattina, l’uomo assistito dall’avvocato Giancarmelo Serra (difeso anche dall’avvocato Elena Ledda) è comparso davanti al tribunale in seduta collegiale (presidente Cannas) per rispondere delle pesanti accuse. In aula l’ultimo teste: Natalia Patoi, convivente di Tolu che già giudicata per lo stesso reato, ha patteggiato una pena di due anni. Ieri mattina la donna, come del resto aveva fatto nell’immediatezza dei fatti, si è assunta la paternità dei 50 chili di marijuana che i carabinieri della compagnia di Bitti avevano sequestrato in un casolare vicino alla loro abitazione di Orune.

Ha cercato di scagionare il compagno raccontando al collegio giudicante la sua versione dei fatti in cui però l’imputato era assente. «Avevo portato io la droga da Olbia e mio marito era all’oscuro di tutto – ha detto Natalia Patoi durante la deposizione, avvenuta alla presenza del suo legale, l’avvocato Francesco Pala – Ho sbagliato io, lui non c’entra nulla – ha aggiunto la donna – La droga l’avevo portata da Olbia e avevo approfittato dell’assenza di mio marito che la mattina usciva per andare a lavorare».

L’imputato, infatti, in quel periodo si trovava agli arresti domiciliari per un reato specifico. Usciva però la mattina perché inserito in un programma di recupero del Ministero della Giustizia. Il pubblico ministero Andrea Ghironi nella sua stringata requisitoria, nel sottolineato che la testimonianza della donna altro non era che un vano tentativo di scagionare l’imputato, tra l’altro recidivo, ha chiesto una condanna a 5 anni e 8 mesi di reclusione.

La difesa di Tolu, rimarcando la totale estraneità dell’uomo dai fatti contestatigli e chiedendone perciò l’assoluzione, ha parlato di un processo caratterizzato da «un deserto probatorio privo di prove oggettive capaci di incastrare in modo inequivocabile l’imputato». «L’accusa si è basata sul pregiudizio – ha sottolineato nel corso dell’arringa, l’avvocato Serra – Il fatto che gli inquirenti abbiano trovato la droga vicino all’abitazione di Tolu, già ai domiciliari per un reato specifico, automaticamente hanno dato per scontato che fosse sua. Inoltre non c’è stato nessun tentativo da parte loro di cercare delle prove: nel casolare che ospitava la droga – ha aggiunto il legale – c’era tanta polvere, quindi si sarebbero potute trovare fondamentali per le indagini. Nessuno però le ha volute cercare». Tra novanta giorni le motivazioni mentre la difesa di Tolu ha già annunciato: «Ricorreremo in appello». (k.s.)

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