La Nuova Sardegna

Nuoro

Marco Buttu è partito per l’Antartide

di Michela Columbu
Marco Buttu è partito per l’Antartide

Gavoi, selezionato con altri 12 colleghi per un progetto di ricerca resterà nella stazione Concordia per 13 mesi

19 novembre 2017
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GAVOI. È partito ieri dalla Sardegna Marco Buttu, l’ingegnere gavoese che lavora all’Istituto Nazionale di Astrofisica, selezionato per un progetto di ricerca di 13 mesi in Antartide assieme a 12 colleghi. Arriverà alla stazione Concordia il 21 novembre dopo aver fatto scalo a Roma, Dubai, a Sydney e Christchurch. È partito all’interno di una spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide, messo a punto dal Cnr e dall’Enea. Il gruppo sarà anche monitorato dall’Agenzia Spaziale Europea per le particolari condizioni in cui vivranno (temperature anche di meno 80 gradi, buio assoluto per diversi mesi, altissima quota).

Cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida?

«Prima di tutto l’aspetto umano – dice Buttu – . Sarà una esperienza di vita molto introspettiva. In secondo luogo il lato professionale. Trascorrerò le mie giornate con tecnici altamente qualificati, e potrò imparare di tutto spaziando dall’elettronica alla glaciologia, dalla medicina alla meccanica, dalla fisica dell’atmosfera all’idraulica, dalle lingue alla cucina. Inoltre, come responsabile del laboratorio di astronomia, avrò un grande telescopio tutto mio, con cui osservare il cielo da una postazione veramente privilegiata».

Quali sono le tue paure?

«Più che paure sono preoccupazioni – aggiunge – . Mi preoccupa il clima desertico, perché a causa dell'aria secca potrei avere mal di gola e vie respiratorie irritate. La carenza di ossigeno dovuta all'altissima quota Una conseguenza dell’esposizione prolungata all'altissima quota ad esempio sono i disturbi del sonno. Altre si sta cercando di capirle, e da questo punto di vista Concordia è un laboratorio unico al mondo, ed è anche per questo motivo che l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ci monitorerà per l’intera durata della spedizione».

Come pensi di tornare da questa esperienza?

«Non so rispondere, e questa incertezza mi incuriosisce tantissimo. Durante il periodo di training abbiamo parlato molto degli aspetti psicologici della missione, e abbiamo avuto vari incontri di gruppo con la psicologa, finalizzati a far emergere possibili problematiche e cercare di capire da subito come poterle evitare o gestire. Saremo soggetti ad un forte stress – continua – dovuto alla monotonia, alla deprivazione sensoriale, alla sensazione di pericolo, all’isolamento affettivo, al confinamento, alla carenza di privacy ed ai conflitti interpersonali. Tutto ciò tipicamente da luogo ad una moltitudine di problemi: diminuzione della memoria, insonnia, incubi notturni, cefalee, ansia, depressione, irritabilità e riduzione della concentrazione. Per non parlare dei problemi fisici dovuti principalmente alla carenza di ossigeno, al freddo e all’aria secca. Sono molto affascinato da tutto ciò, e uno dei motivi per cui sto partendo è proprio quello di fare un esperimento su me stesso. È un esperimento tra scienza e spiritualità, volto sia a conoscermi meglio, sia a capire quanto effettivamente lo yoga possa aiutarmi a tener sani mente e corpo in un ambiente quasi extra-terrestre».

Riuscirete a comunicare con il resto del mondo?

«Questa è un’altra sfida interessante – commenta l’ingegnere– . Non avremo la Tv, ma questa non mi mancherà perché ormai son già 6 anni che non la guardo. Non potremo ovviamente chiamare con il cellulare, e non avremo la connessione a Internet sui nostri Pc. Solamente alcuni computer in stazione hanno accesso a Internet, tramite una connessione satellitare. Con questi potremo quindi spedire delle email, ma in numero molto limitato e di piccole dimensioni, perché la velocità di connessione per l’intera stazione è circa un centesimo di quella che si ha con un normale cellulare. Durante l’inverno antartico – prosegue Buttu – , da fine febbraio sino a novembre, in stazione saremo solamente in 13 e la fila per l’accesso ai computer connessi ad internet sarà quindi breve. Durante questo periodo spero quindi di riuscire a scrivere su facebook, almeno una volta al mese, in modo da informare gli amici sulle mie condizioni. Inoltre, è consentito l’utilizzo di whatsapp, ma solo per inviare messaggi di testo, mentre per poter pubblicare delle foto su un social network, ma anche per scrivere un articolo su un blog o per rilasciare una intervista, dobbiamo essere autorizzati».

Come l’ha presa la tua famiglia?

«Per poter affrontare una spedizione di questo tipo bisogna essere sereni, per cui è indispensabile avere il supporto della famiglia e degli amici – conclude l’ingnere gavoese – . Mia moglie, i miei genitori e i miei fratelli, così come tutti i miei parenti e amici, mi hanno sostenuto sin dal primo momento. Non posso che ringraziarli di cuore, così come ringrazio i miei compaesani di Gavoi e tutti i sardi, residenti e non, che nelle settimane scorse mi hanno inviato centinaia di messaggi di incoraggiamento».

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