La Nuova Sardegna

Nuoro

Ciclone Cleopatra, unico processo per i crolli a Oloè, Torpè e Sologo

Il tribunale collegiale ha deciso di riunire i tre filoni dell’inchiesta sui danni causati dall’alluvione Ottanta imputati compariranno davanti al tribunale monocratico il prossimo 13 marzo

30 novembre 2017
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NUORO. Si terrà un unico processo per le morti e i danni provocati dal ciclone Cleopatra il 18 novembre di 4 anni fa. A deciderlo ieri mattina il tribunale collegiale presieduto da Giorgio Cannas che, accogliendo la richiesta dei legali degli imputati, ha unificato i tre filoni d’inchiesta relativi al crollo del ponte di Oloè, a seguito del quale morì l’agente di polizia Luca Tanzi e rimasero feriti altri tre colleghi; all’esondazione della diga Maccheronis a Torpè che provocò la morte dell’anziana, Maria Frigiolini e infine, al crollo del ponte sul rio Sologo. Il presidente ha unito i tre procedimenti e rinviato l’udienza davanti al tribunale monocratico, al prossimo 13 marzo 2018.

Il lungo elenco di imputati, oltre 80, anche se molti sono gli stessi (in particolare 10 sono coinvolti in tutte le inchieste: l’ex presidente della Provincia di Nuoro Roberto Deriu, l’allora comandante provinciale della Forestale, Gavino Diana e l’ex direttore generale Carlo Masnata, gli ex assessori provinciali Franco Corosu e Paolo Porcu, il responsabile della Protezione civile Paolo Marras, i dirigenti Antonio Gaddeo, Mario Viola, Giovanni Deiana, Giovanni Pirisi, Maria Lucia Fraghì e Sebastiano Bussalai), dovranno per rispondere a vario titolo dei reati di omicidio colposo e disastro colposo.

Ieri mattina gli avvocati di parte civile hanno chiesto di citare come responsabili civili il ministero dei Trasporti, la Regione Sardegna, il Consorzio di Bonifica della Sardegna Centrale, la Provincia di Nuoro, il Comune di Torpé e l'impresa Giuseppe Maltauro Spa che appaltò i lavori di ampliamento della diga Maccheronis. Su questa istanza però, il tribunale si è riservato di decidere.

Si va dunque verso un “maxi” processo nel corso del quale l’accusa cercherà di far emergere la responsabilità degli imputati accusati di essere responsabili dei crolli e delle morti di quella terribile giornata di 4 anni fa. Il ponte di Oloè, lungo la strada Oliena-Dorgali, stando all’accusa, era nato male. Era stato progettato e costruito in un punto inappropriato: nel greto del fiume. Nell’avviso di chiusura indagini della Procura, infatti, era stato sottolineato che il cedimento della struttura era stato causato da fenomeni erosivi provocati proprio da scelte inopportune della Cassa del Mezzogiorno che aveva limitato la luce del ponte a 67 metri nonostante la larghezza della golena fosse di poco meno di 200 metri. A queste si era aggiunta la quasi assoluta mancanza di manutenzione e di controlli a quelle spallette che l’acqua impetuosa dell’alluvione, aveva eroso trasformandole in una trappola mortale, che il 18 novembre 2013 aveva inghiottito il fuoristrada della polizia e ucciso l’agente Tanzi. Per l’accusa il crollo del ponte di Oliena era stato causato da errori di progettazione della struttura e da inosservanza delle regole di buona amministrazione.

Ma anche la morte di Maria Frigiolini e gli incalcolabili danni nelle campagne di Torpè e Posada per la Procura nuorese erano da attribuire alla responsabilità degli imputati. Lo straripamento era stato la diretta conseguenza della presenza, negli argini della sponda destra del rio Posada in via di realizzazione, di due rampe d'accesso all'alveo poste a quota più bassa rispetto al livello di coronamento del rilevato.

Ed è sempre per l’inosservanza delle regole di buona amministrazione e tecnica, stando all’accusa, che quel giorno si erano create gravi situazioni di pericolo per la pubblica incolumità nell’area in cui era posizionato il ponte sul rio Sologo, in località Su Manganu a Galtellì che aveva ceduto a causa della spinta erosiva dell’acqua. (k.s.)

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