La Nuova Sardegna

Nuoro

Pietro Sanna ucciso per gelosia, ergastolo alla sua ex fidanzata

Paolo Merlini
Pietro Sanna
Pietro Sanna

Sentenza a Londra per l'assassinio del giovane deejay nuorese accoltellato a morte il 23 giugno scorso

12 dicembre 2017
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NUORO. Pietro Sanna è stato ucciso per gelosia, per colpa della “insana ossessione” della sua ex ragazza con cui non aveva più rapporti da sei mesi. Ieri la giuria della Inner London Crown Court non ha avuto dubbi nel condannare all’ergastolo la principale e unica sospettata per la morte del deejay nuorese ucciso nella metropoli britannica il 23 giugno scorso. La notizia è stata data nel pomeriggio da Scotland Yard e riportata dalle edizioni on line di Daily Mail e di Evening Standard. È stata Hasna Begum, commessa di 25 anni originaria del Bangladesh, ad accoltellare con trentasei fendenti l’ex compagno, lasciandolo rantolante nella sua abitazione sino alla morte per dissanguamento. Lo ha fatto per il movente più classico di quei delitti che un tempo si chiamavano passionali, la gelosia, ma che oggi, con le relazioni umane in vetrina sui social network, possono portare a confondere vita reale e vita virtuale.

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Lo stalking. Proprio qui, su Instagram, l’album fotografico digitale più grande del mondo, è maturata la vendetta di Hasna nei confronti di Pietro, con il quale era stata fidanzata per un anno, sfidando il veto che le imponevano i genitori di stretta osservanza musulmana. Si erano lasciati a dicembre dello scorso anno, ognuno aveva ripreso la propria vita: lei continuando a lavorare nel negozio di oggettistica Clinton Cards, lui in una paninoteca della catena Birley’s. E la sera in giro per locali o per feste a coltivare la passione che il ragazzo nuorese sognava di trasformare in una professione, la musica, quella che lo aveva portato a trasferirsi a Londra. Per Hasna la storia però non era assolutamente conclusa: ha continuato a seguire Pietro su Instagram, monitorando in modo morboso il suo profilo e le foto che lui pubblicava on line. Forse era un modo per sentirsi ancora vicina all’ex ragazzo, per fare parte della sua vita comunque.

La scintilla che ha fatto scattare il folle proposito di vendicarsi è nata quando una ragazza italiana residente a Londra, Giulia Consonni, ha cominciato a seguire il profilo Instagram di Pietro. Una semplice “follower”, che il ragazzo nuorese aveva conosciuto in un altro social network, Tinder, dove ciascuno può cercare il proprio partner, anche di una notte. Hasna Begum ha pensato che tra i due ci fosse una relazione, e ha cominciato un’azione che i giudici londinesi non esitano a definire di stalking. Ma la nuova, presunta passione di Pietro, per la ragazza di origini bengalesi era una “ugly bitch”, una brutta puttana, e non mancava di scriverlo in ogni commento. Per sei mesi ha continuato a perseguitare sia l’uno sia l’altra, sino a quando non le è bastato, e ha deciso di mettere in atto la sua tragica vendetta.

Come in un thriller. Il modo in cui l’ha fatto è un ulteriore sintomo della sovrapposizione tra il mondo reale e il mondo virtuale in cui la giovane donna ha vissuto sino al delitto. Come nel film di Brian De Palma “Dressed to kill” (Vestito per uccidere), lei, scura di pelle e di capelli, ha indossato una parrucca bionda, un paio di guanti neri e ha scelto la più classica delle armi utilizzate nei thriller: un coltellaccio da cucina. Con questo travestimento è giunta con un taxi a casa di Pietro, nella East London, nel quartiere di Canning Town.

L’aggressione. Ai giudici Hasna ha raccontato che c’è stato un litigio, e che Pietro l’ha minacciata con un coltello, ma non le hanno creduto. Pensano invece che si stata lei a colpirlo alla schiena una prima volta, e poi via di seguito, forse con due coltelli addirittura, trovati nella cucina del suo ex. Il deejay, colto alla sprovvista, non ha avuto il tempo di reagire. E lei si è accanita su quel corpo via via privo di forze con un fendente dopo l’altro. I periti ne hanno contato 36, due dei quali ai polmoni.

Insana ossessione. Ma Pietro non era ancora morto, come hanno testimoniato i vicini che più tardi ne hanno sentito i lamenti. Resta da capire perché non abbiano avvisato subito la polizia ma ne abbiano parlato solo durante le indagini, cominciate tre giorni dopo, quando è stato scoperto il cadavere. A quell’ora del 23 giugno, le sei del mattino, Hasna Begum aveva già lasciato l’appartamento scavalcando una finestra. L'ha vista un vicino di casa, mentre le telecamere della strada hanno registrato una donna dai capelli biondi, di bassa statura, che prende un taxi. Ha con sé l’arma del delitto e il cellulare di Pietro, dal quale cancellerà il suo account di Instagram. Come a volerne distruggere la vita digitale insieme con quella reale, hanno sottolineato i giudici. La polizia, aiutata da numerose testimonianze, è arrivata a lei pochi giorni dopo. Ha ucciso per una “insana ossessione”, dicono i giudici londinesi che l’hanno condannata all’ergastolo, stabilendo che non potrà usufruire della libertà vigilata prima di vent’anni.

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