La Nuova Sardegna

Nuoro

L’ultimo saluto di Lanusei a don Antonio Demurtas

di Claudia Carta
L’ultimo saluto di Lanusei a don Antonio Demurtas

Il canonico emerito, 88 anni, originario di Ulassai, è spirato domenica mattina Ieri si è celebrato il funerale del sacerdote, a capo per 40 anni della Cattedrale

23 gennaio 2018
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LANUSEI. Se ne va in punta di piedi l’ottantottenne canonico emerito. Classe 1930, don Antonio Demurtas è morto nella tarda mattina di domenica nella sua casa di Lanusei. Ieri in cattedrale l’ultimo saluto al sacerdote ulassese. Una salute cagionevole, la sua, che non gli ha risparmiato sofferenze specie negli ultimi mesi. Nel suo studio accoglieva con un sorriso e un “Bene arrivati!” chiunque andasse a fargli visita. E quando qualcuno gli faceva notare che il primo giorno dell’anno era il suo compleanno: «Spioni! Chi rivela queste cose?». Alla risposta: «L’annuario diocesano», rideva di cuore, scoprendo l’arcano. Appassionato di libri, cultura e studio, amante del latino, il canonico di Ulassai raccontava minuziosamente compiti e attività, nomi e situazioni, da quel primo agosto del 1954 quando venne ordinato sacerdote: «Non ho mai lavorato da solo – spiegava – questo era il mio stile». 88 anni, 40 alla guida della cattedrale di Lanusei. Aneddoti e storie. A tutte riservava un ricordo particolare. L’inizio del suo ministero nella chiesa Santa Maria Maddalena di Lanusei; il servizio come assistente dei seminaristi; il suo impegno con i giovani di Azione Cattolica; l’apostolato all’interno dei Comitati civici e i comitati di Azione Sociale, al tempo di Pio XII; i campi scuola a Bau Mela; l’organizzazione delle Missioni per il popolo; i viaggi con i vescovi. Lucidità e precisione sorprendenti, spiritualità e ironia, sapeva regalare un’istantanea che rappresenta quasi un lustro di Chiesa diocesana. Parroco per concorso. «Forse non lo sapete – ripeteva sorridendo – ma un tempo non si diventava parroci a seguito di nomina. Occorreva superare un concorso. Così, quando morì l’arciprete Porcu, mi chiamò l’allora vescovo di Lanusei, Basoli, a me affezionatissimo. Aveva bandito il concorso, ma nessuno si presentò. Mi disse: “Caro Don Demurtas, come mai non mi hai ancora presentato la domanda per il concorso?”. “Eccellenza – gli risposi – io non ho pensato di diventare parroco della Cattedrale”. “Devi fare ora la domanda”, fu il suo commento secco. Stavo partendo a Bologna per motivi di salute. Spedii la domanda proprio da lì». Il concorso lo superò, eccome. La sua gioia più grande? «La risposta dei fedeli e i miei giovani – ripeteva sempre –: insegnavo loro a pregare. E quando qualche volta ero assente, entravano nel cortile del Seminario e recitavano da soli il Rosario. I miei ragazzi!».

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