La Nuova Sardegna

Nuoro

«Tanti bei convegni, poi però ci tagliano i servizi»

di Paolo Merlini
«Tanti bei convegni, poi però ci tagliano i servizi»

Olzai, la sindaca accusa la Regione: non esiste una politica coerente per l’interno Dal caso della materna più antica dell’isola alla proposta di Arru sui migranti

23 gennaio 2018
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OLZAI. «Le politiche regionali sullo spopolamento? Bei propositi ai quali non fa seguito un atto concreto, se non un successivo convegno dove le proposte di riscatto restano meri proclami». Ester Satta, da due anni e mezzo sindaco di Olzai, è nota per lo spirito polemico, e per le battaglie civili portate a compimento. Come il ricorso contro Abbanoa, con Olzai primo comune sardo a schierarsi per via giudiziaria contro il gestore idrico regionale perché la comunità potesse continuare ad amministrare in proprio rete idrica e fognaria. Risultato: se nei mesi appena trascorsi mezza Barbagia ha dovuto fare i conti con pesanti restrizioni nell’erogazione dell’acqua e una rete che veniva chiusa a giorni quasi alterni, gli olzaesi hanno avuto acqua di qualità per 24 ore al giorno.

Poco meno di 900 abitanti, il 35% dei quali oltre i sessant’anni, una popolazione dimezzata dal 1960 a oggi, Olzai ha fatto parlare di sé nelle ultime settimane per la paventata chiusura della scuola materna, gestita dalle suore, una delle più antiche dell’isola con 113 anni di vita. Il motivo, superfluo ricordarlo, è il calo delle nascite (appena due nel 2017). Da dieci il numero dei bambini era sceso a quattro, e i conti proprio non tornavano per continuare a pagare la maestra e le due assistenti. La decisione della madre superiore poi è rientrata, e la scuola ha riaperto dopo le vacanze natalizie. «La situazione si è risolta, ma in ogni caso – dice la sindaca – avevamo garantito ai genitori dei bambini che avremmo compiuto ogni passo per garantire la continuità del servizio sino a tutte le scuole dell’obbligo. Si tratta di famiglie che vogliono continuare a vivere a Olzai, nonostante i disagi che siamo costretti ad affrontare, dal taglio di servizi ai collegamenti precari. Eppure c’è la voglia di tanti di restare».

Cosa manca a suo avviso nelle politiche contro lo spopolamento?

«Si fanno molti convegni, e non ho dubbi che ogni sindaco di un piccolo comune si adoperi per cogliere ogni opportunità, ma il vero problema è che la classe politica regionale, non parlo di quella del passato che ha fatto danni enormi nel nostro territorio, ma anche dell’attuale, continui a ragionare con vecchi logiche. I fatti smentiscono i proclami che di volta in volta ci vengono propinati».

Un esempio?

«La chiusura del Banco di Sardegna di qualche mese fa. L’istituto ha spiegato che al contrario era un rafforzamento della presenza nel territorio, ma nei fatti la serrata costringe gli olzaesi a recarsi a Sarule, paese a dieci chilometri, per ogni operazione che non si può fare con il bancomat. Tralascio il fatto che poche settimane prima il Comune avesse affidato proprio al Banco di Sardegna il servizio di tesoreria, ma balza agli occhi come tutti i convegni sullo spopolamento degli ultimi mesi fossero finanziati dalla Fondazione di Sardegna, che è stata diretta emanazione dell’istituto di credito. Un po’ di coerenza, insomma».

Però parliamo di un istituto di credito e di una fondazione. Il pubblico invece che fa?

«Penso alla sanità regionale, con le risorse dirottate dall’Assl nuorese ad altre realtà dell’isola già più fortunate. L’assessore Arru propone l’arrivo dei migranti per fronteggiare lo spopolamento, ma che accoglienza possiamo offrire senza servizi? Il problema non si risolve tentando di far quadrare i numeri. Faccio notare che nel nostro territorio c’è già un centro di accoglienza, quindi non si tratta di razzismo. È anche vero che noi sindaci dovremmoe fare un po’ di autocritica».

Prego.

«Qualche risultato in più l’avremmo ottenuto se avessimo fatto sentire maggiormente la nostra voce, senza andare a rimorchio della classe politica regionale, pensando più agli interesse delle comunità e meno agli equilibri di partito che non ci permettono di portare sino in fondo le nostre battaglie. Noto un atteggiamento servile nei confronti di chi ha il potere. Che sia il politico nazionale o regionale di riferimento per il territorio o l’assessore di turno poco cambia. La mia amministrazione non ne ha mai avuto, ha scelto di non averne. Questi sono diritti, punto e basta. Ma ci vuole una rivoluzione culturale per cambiare questa mentalità».

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