La Nuova Sardegna

Nuoro

Il piccolo Mamuthone amante della tradizione

Il piccolo Mamuthone amante della tradizione

Samuele Addis, 8 anni e mamoiadino per metà, fa parte del gruppo della Pro loco Tutte le settimane raggiunge il paese per le prove: prima uscita a Sant’Antonio

17 febbraio 2018
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MAMOIADA. Oggi a Gavoi sarà per lui la terza sfilata tra le maschere tradizionali e vista la passione, chissà quante altre ce ne saranno. Samuele Addis, 8 anni ancora da compiere, ha già le idee chiare: «Da grande farò il pastore perché adoro gli animali». Non ha avuto dubbi dunque, quando doveva scegliere che abiti indossare in previsione della prima uscita delle maschere a Mamoaida, paese della mamma, condizione che gli ha permesso di entrare a far parte dei “mamuthoneddos” della Pro loco. Voleva portare pelli e campanacci per immedesimarsi nel ruolo dell’animale, imparare i ritmi cadenzati della danza e ogni volta sognare. Samuele, tenace e volenteroso, da ottobre viaggia tutte le settimane da Nuoro a Mamoiada per fare le prove col resto del gruppo. Un impegno a cui tiene tanto e al quale non rinuncia per nessun motivo al mondo. Occhi vispi e fluente parlantina, il piccolo Mamuthone si lascia andare al racconto e, trasportato dall’emozione, non tralascia alcun dettaglio. «Le maschere tradizionali mi piacciono tanto, sono forti e tutte diverse – dice entusiasta Samuele – Ognuna racconta una storia. Io sto anche imparando il sardo perché quando facciamo le prove si parla solo in dialetto. Il giorno di sant’Antonio mi è dispiaciuto andare via da scuola, ma dovevo essere puntuale per prepararmi per la prima uscita dei Mamutthones. Sono arrivato in sede che già indossavo l’abito di velluto con la camicia e il fazzoletto femminile “su mucadore”, e ai piedi “sos hosinzos” (scarpe in pelle conciate a mano). Lì ho atteso che mi assegnassero le pelli e i campanacci. Speravo mi dessero quella con il pelo lungo – aggiunge – perchè mi fa sentire a mio agio. Una volta stretti i campanacci abbiamo calato la maschera di legno nera sul volto e siamo usciti. In strada c’era tantissima gente ma non riuscivo a vedere bene, perché i fori della maschera non sono grandi. Poi col via dell’issohadore, abbiamo iniziato a sfilare. È stato emozionante. In quei momenti è importante non distrarsi – continua il protagonista – altrimenti si rischia di stonare». I campanacci, infatti, emettono lo stesso suono all’unisono e «l’ajù» – come dice bene Samuele – deve essere prodotto nello stesso momento da tutti. Ad intervalli uguali i piccoli mamuthones, così come gli adulti, danno colpi di spalla facendo delle semi rotazioni del corpo, a destra e a sinistra. «A ogni movimento corrisponde uno squillo di campanacci – aggiunge il piccolo – Con l’ordine dell’issohadore che dirige la danza, facciamo tre rapidi salti sul posto e li facciamo suonare ancora». A fine sfilata l’emozione ha la meglio sulla fatica che però, si presenta puntuale con tanto di segni sulla schiena dalla morsa delle cinghie. Ma Samuele, tutto questo lo sa e l’ha provato sulla sua pelle, ma pur di continuare a calare sul suo volto da bambino “sa visera” e vivere questa avventura, è disposto a sopportare qualsiasi fatica. (k.s.)

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