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Tutela del Fiore sardo: intervenga la Regione

di Michela Columbu
Tutela del Fiore sardo: intervenga la Regione

Servono strumenti per far capire ai consumatori qual è il formaggio fatto con latte crudo

22 febbraio 2018
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GAVOI. Il latte crudo è il discrimine tra i metodi di produzione tradizionali e quelli industriali. È su questo importante elemento che secondo il comitato spontaneo di produttori di Fiore sardo si deve puntare affinchè venga riconosciuto loro il rispetto delle procedure di produzione del pecorino. Da una parte ci sono i pastori che certificano Fiore Sardo Dop con le loro piccole produzioni, e dall’altra ci sono invece quintali di prodotto che escono dalle industrie casearie. Nel mezzo c’è un Consorzio di tutela, il cui presidente è a capo di un grande caseificio della Sardegna. Ad esacerbare gli animi, la richiesta da parte del Consorzio ai produttori non consorziati, del pagamento di una Royalty di 3mila euro più Iva. Una guerra che si combatte sul filo della qualità contro un ente di tutela che «tutto sembra fare – chiosano i pastori di Barbagia – tranne che tutelare i veri metodi di produzione». Su questa linea il comitato ha chiesto al Ministero per le Politiche agricole di verificare la legalità della richiesta. Ma lo scopo principale è quello di «stimolare un intervento, sul piano di controllo della Dop affinché si adotti un sistema di verifica che permetta di accertare che il processo di lavorazione utilizzi solo latte intero e a crudo, non pastorizzato, condizione distintiva della Dop. Attualmente infatti – spiega ancora il comitato – non è operativa alcuna metodologia capace di individuare, a prodotto finito, se il latte utilizzato sia stato termizzato o meno, nonostante alcuni studi abbiano fornito ottime basi per l’avvio di un percorso utile alla riduzione del danno indotto dalla contraffazione, permettendo quindi, una differenziazione oggettiva del Fiore Sardo Dop, rispetto alle sue imitazioni ottenute da latte trattato termicamente». Con lo stesso scopo i produttori raccontano di aver interpellato anche la grande distribuzione, chiedendo che il consumatore venga informato sulle caratteristiche del formaggio e che si adotti maggiore «meticolosità in fase di acquisto dei prodotti, individuando gli operatori che lavorano artigianalmente o, in alternativa, le industrie casearie che, consapevoli delle differenze qualitative, hanno adottato la politica che vede l’acquisto del formaggio direttamente dal piccolo produttore». Ad affiancare l’impegno dei pastori arriva una interrogazione dell’esponente di Fi, Pietro Pittalis. A Francesco Pigliaru e a Pierluigi Caria, rispettivamente presidente e assessore all’Agricoltura, è stato chiesto che vengano messe in campo «azioni utili alla tutela della produzione artigianale del Fiore Sardo sottolineando tutte le perplessità relative al mancato controllo del parametro principale della produzione, il latte crudo, appunto».

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