La Nuova Sardegna

Nuoro

Domani il rito abbreviato per l’omicidio di Budoni

di Paolo Merlini
Domani il rito abbreviato per l’omicidio di Budoni

Simone Delussu, 20enne marchigiano di origini sarde, ha confessato da subito: ha detto di aver ucciso la commerciante cinese in un tentativo di rapina

16 aprile 2018
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NUORO. Il feroce omicidio di Lu Xian Cha, la commerciante cinese uccisa un anno fa a Budoni, verrà rievocato domani nell’udienza davanti al Gup Claudio Cozzella che vede un unico imputato, il ventenne Simone Delussu, giovane marchigiano di origini sarde. Reo confesso, Delussu ha chiesto e ottenuto il rito abbreviato, confidando nella riduzione della pena per un delitto di cui si è già assunto tutte le responsabilità. In aula ci sarà anche il marito della vittima, Miao Bicun, che si è costituito parte civile ed è assistito dall’avvocato Mara Lapia. C’è un’altra costituzione parte civile e riguarda i figlioletti della coppia, tutelati dall’avvocato Gianluca Sannio. Delussu, in carcere dallo scorso anno dopo l’arresto nelle Marche, di recente è stato trasferito a Badu ’e Carros. I suoi difensori sono Chiara Madia e Basilio Brodu,

Il 10 aprile 2017, Lu Xian Cha, commerciante cinese di 37 anni, madre di due figli, venne uccisa con ferocia poco prima dell’orario di chiusura nella sua merceria a Budoni. Il corpo senza vita, oltraggiato da 14 coltellate, fu ritrovato in una scena del delitto che fece pensare a una violenta colluttazione, una lotta per la vita cui la donna soccombette. Sin dal primo momento, agli inquirenti apparve evidente che si trattava di un tentativo di rapina finito nel sangue probabilmente per la reazione istintiva della donna, ma intanto la fantasia popolare attribuiva il delitto ora a faide nel mondo degli immigrati cinesi ora a una fantasiosa “pista passionale”. Supposizioni agevolate dal fatto che furono ritrovati 400 euro nel negozio e dunque la rapina non fu poi messa a segno.

Nel frattempo i carabinieri della compagnia di Siniscola, coordinati dal capitano Andrea Leacche, indagavano nel massimo riserbo. L’unica notizia che trapelò nell’immediatezza dei fatti fu il ritrovamento dell’arma utilizzata dall’assassino, un coltellaccio da cucina malamente nascosto nel luogo del delitto, sotto un bancone, e alcune testimonianze che indicavano nello stesso orario un giovane con il cappuccio di una felpa calato sul viso che si allontanava precipitosamente dalla zona, via Emilio Lussu. Si saprà solo in seguito che, qualche giorno più tardi, furono trovati, a mezzo chilometro di distanza, un paio di pantaloni con le tracce ematiche di due persone: la vittima e, con tutta probabilità, lo stesso assassino, feritosi a sua volta durante la colluttazione. Un particolare che di sicuro venne in aiuto agli investigatori fu il fatto nei pantaloni erano stampate scritte di grandi dimensioni, molto particolari, circostanza che permise di identificare il giovane nei filmati nelle videocamere della zona. Insieme con la testimonianza di una coppia questo elemento fu determinante.

Nonostante queste prove trovare il colpevole era davvero come cercare un ago in un pagliaio. Con chi confrontare il Dna? L’unica soluzione a questo punto era andare a vedere quanti telefoni avessero agganciato la cella più vicina delle reti telefoniche all’ora presumibile del delitto. Furono analizzate nel 400mila telefonate, e da questa saltò fuori una lista di sospetti. Tra questi, un giovane un po’ sbandato, Delussu appunto, nato nelle marche e figlio di un sardo, che aveva trascorso un breve periodo a Budoni da alcuni parenti. Quattro mesi dopo il delitto, quando i militari andarono a interrogarlo con un pretesto, il giovane, all’epoca 19enne, crollò subito e confesso di aver ucciso durante un tentativo di rapina.



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