La Nuova Sardegna

Nuoro

I parenti della vittima: una sentenza amara

I parenti della vittima: una sentenza amara

Lo stupore e il dolore del marito. I nipoti della donna uccisa: «Distrutta l’esistenza di una famiglia»

18 aprile 2018
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NUORO. Ammutolito, incredulo. Profondamente scosso. Miao Bicun, il marito della donna cinese uccisa a Budoni nell’aprile dello scorso anno, ieri appariva inquieto e intriso di dolore. Travolto da un destino crudele, faceva fatica a stare fermo nei corridoi del Tribunale di Nuoro. Si alzava, si accomodava su una panca e poi si rimetteva ancora in piedi. Pochi passi e nuove pause quasi per rallentare quei terribili pensieri che sicuramente gli arrovellavano la mente.

Ieri l’uomo, costretto da quando non c’è più la moglie a sobbarcarsi l’onere di far crescere i due figli piccoli, era accompagnato da un fratello e da una nipote. Una presenza protettiva e affettuosa la loro davanti a una tragedia costellata di dolore e di dubbi per un futuro che ora appare incerto e segnato da tante difficoltà.

Al termine del processo tutti e tre fanno fatica a capire il significato del verdetto. Una pena che ai loro occhi appare mite, troppo mite. La loro mimica è chiara, inequivocabile. Seppure con un italiano stentato, si chiedono come mai quella condanna si sia fermata a vent’anni di reclusione. Stentano a capirne le motivazioni. Quando le discussioni si sono concluse e il giudice si è ritirato in camera di consiglio la nipote della vittima annuncia le loro aspettative senza mezzi termini. «In Cina per un omicidio del genere, così efferato, esiste la pena di morte. Ma sappiamo che in Italia non è prevista e che ci sono altre leggi. Noi comunque – non si nasconde la ragazza – ci attendiamo una condanna pesante». Nessuna sentenza o condanna servirà a restituire a questa vita la commerciante cinese, ma la decisione del giudice sorprende e non poco i parenti della vittima. In precedenza i commercianti avevano raccontato come la loro vita sia cambiata da quella maledetta sera di aprile, quando quel giovane fece irruzione nel negozio di Budoni. «Ora dopo il delitto l’attività ha dovuto chiudere, la crisi e i costi da sostenere non hanno lasciato alternative», spiega la giovane che vive a Bitti con i genitori. «Non era più possibile tenere aperte due attività per mio zio, che ora da solo deve badare anche ai due bambini. È triste, smagrito. Insomma ci fa molto preoccupare».

Dopo aver pronunciato queste parole trascorre un’ora. Giusto il tempo per rientrare in aula e ascoltare dalla voce del giudice il verdetto. Una sentenza che li trova ancora una volta disorientati e confusi. (l.u.)

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