La Nuova Sardegna

Nuoro

«La Regione aiuti il nostro Comune comprando ora i beni in vendita»

di Francesco Pirisi
«La Regione aiuti il nostro Comune comprando ora i beni in vendita»

La proposta del consigliere di opposizione Montesu per uscire dal tunnel dei conti pubblici in rosso «Questa città ha bisogno di una giunta unitaria per dare un segnale chiaro sull’emergenza»

20 aprile 2018
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NUORO. Nel periodo di emergenza un’amministrazione straordinaria. Non i triunviri di Roma antica, ma una giunta di unità cittadina con la rappresentanza di tutti i gruppi, maggioranza e opposizione. La soluzione per il comune capoluogo è proposta da Peppe Montesu, consigliere di Nuova Nuoro, tra i banchi dell’opposizione all’esecutivo presieduto dal sindaco Andrea Soddu. Amministrazione alle prese con un debito da 67 milioni di euro, per lo più conseguenza di espropri non saldati, per i quali oggi diventa complicata la stessa gestione ordinaria dell’ente. L’obiettivo di Montesu: «La scelta di varare una giunta unitaria darebbe innanzitutto un segnale chiaro alla Regione sulla condizione di emergenza, tanto grave che può diventare problematico sia pagare gli stipendi al personale, sia garantire i servizi alla comunità. Altro obiettivo, questa volta pratico e concreto, chiedere alla stessa Regione di acquistare direttamente gli immobili che il Comune ha messo in vendita ma senza risultato».

In vendita la prima sede della Banca d’Italia, il vecchio convento delle Carmelitane, il palazzo della Sip, i locali di piazza Italia che hanno ospitato l’Ept, l’Ente provinciale per il turismo. L’incasso nell’ordine di alcuni milioni di euro consentirebbe di rimettere in strada la macchina amministrativa.

L’ultimo ostacolo alla marcia è arrivato nelle settimane passate con la notifica di una cartella esattoriale inviata dagli uffici dello Stato. Vi si chiede il ristoro delle somme pagate otto anni fa come indennizzo per un esproprio. «Come fa a pagare il nuovo debito la giunta Soddu?», è la domanda dell’esponente di Nuova Nuoro. «L’intervento della Regione come acquirente dei cespiti comunali è l’unica soluzione. Il Comune potrebbe poi riacquistare gli immobili nel momento in cui la situazione debitoria sarà sanata». La proposta di Montesu parte dalla convinzione che la Regione non ripianerà in maniera diretta l’esposizione finanziaria, come chiedono oggi l’Anci (l’associazione dei Comuni) e alcuni consiglieri della stessa assemblea regionale. Così come respinge la proposta di una commissione d’indagine sulle origini del debito, fatta dal consigliere del Pd alla Regione, Roberto Deriu. Perché, commenta Peppe Montesu, «sarebbe come un rimandare la palla in avanti, che non porta alcun beneficio alla soluzione della questione. Come il debito è stato creato è cosa nota. Anzi, Deriu è uno tra i responsabili, in quanto componente della giunta guidata da Mario Zidda. In quei due mandati municipali l’esposizione è cresciuta. Si ricorreva infatti allo stratagemma di considerare i debiti fuori bilancio, conseguenti a sentenze su espropri e richieste di altri indennizzi, come residui passivi, coperti da quelli attivi di ipotetiche vendite o crediti con cittadini mai rientrati».

L’origine di alcuni debiti, con cittadini privati e imprese poi passati all’incasso, è stata appurata l’anno passato da una commissione d’inchiesta amministrativa, guidata dallo stesso Peppe Montesu. Sotto la lente d’ingrandimento i casi incompiute (il palazzetto dello sport, ma anche il centropolifunzionale di via Roma) ed espropri mai chiusi nel loro iter amministrativo (tra i più, quello di via don Bosco), in ognuno dei quali si sono avuti maggiori costi per la costruzione, rispetto a quelli preventivati. Oppure, come nel caso del palazzetto di Tanca ‘e s’ena, il Comune è stato condannato a pagare alle imprese appaltatrici i danni per lavori andati a monte. Nella relazione il presidente Montesu rimarca il caso del palazzetto: «L’impresa aveva ritenuto non fattibile il progetto per questioni di tenuta della struttura. Così come accerterà la commissione nominata dal tribunale. Tanto da vedersi riconosciuti due milioni e 400mila euro di danni. Li avrebbero dovuti pagare i progettisti, così come stabilito dalla Corte dei conti. Li ha invece saldati il Comune, senza mai chiedere il risarcimento».



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