La Nuova Sardegna

Nuoro

L’epopea dei Raimondi, da Campli a Macomer

di Sandro Biccai

Da quattro generazioni la famiglia, originaria del Teramano, è un riferimento per il commercio

06 maggio 2018
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MACOMER. Il titolo di pioniere spetta a Raffaele Raimondi che, alla fine dell’800, ogni anno, ad aprile, partiva da Campli, borgo collinare in provincia di Teramo, con alcuni carri carichi di filati, superava il passo appenninico delle Capannelle, attraversava buona parte dell’Italia centrale, raggiungeva Civitavecchia e da lì si imbarcava diretto in Sardegna. Una volta sbarcato al porto di Figari si spostava verso l’interno e arrivava, come ultima tappa, a Nuoro, dove aveva la base operativa per la sua attività commerciale estesa ai diversi paesi della Barbagia nei quali i filati erano molto ambiti per predisporre il corredo delle giovani donne. A novembre il commerciante abruzzese seguiva il percorso inverso, portando nella penisola i manufatti degli artigiani di Tonara, la lana per i materassi e le setole per pennelli e spazzolini, che vendeva, in gran parte, a Roma. Dalla capitale faceva ritorno a Campli dove si dedicava ad amministrare le proprietà di famiglia e, allo stesso tempo, iniziava ad organizzare il successivo viaggio in Sardegna. Negli anni ’20, a prendere le redini dell’attività commerciale furono i figli maggiori di Raffaele, Luigi ed Antonio, che continuarono a fare la spola tra l’Abruzzo e Nuoro con i tradizionali carri, sostituiti, alcuni anni dopo, dai primi mezzi meccanici. Nel 1949 Antonio Raimondi decise di trasferirsi in pianta stabile in Sardegna, insieme alla famiglia. La località prescelta fu Macomer, paese in pieno sviluppo economico e demografico. Il primo negozio venne aperto nella parte bassa del corso Umberto, in un locale di proprietà del maresciallo Deriu. Ben presto il capofamiglia iniziò a girare l’isola come rappresentante mentre la conduzione della ditta fu affidata al figlio Mario, allora appena diciottenne, licenza media e studi di ragioneria abbandonati per dedicarsi al commercio. Nel 1957 Antonio Raimondi morì improvvisamente, a soli 50 anni. I figli Mario e Luigi non si persero d’animo e mandarono avanti l’impresa commerciale, proponendosi anche come grossisti per ambulanti e piccoli esercenti. Andato in pensione Luigi, sostituito dal figlio Tonino, Mario Raimondi, a dispetto degli 84 anni d’età, continua a condurre da solo il suo storico negozio di abbigliamento di corso Umberto, un tempo cuore pulsante della cittadina del Marghine, oggi ingrigito dalle troppe serrande chiuse. «Purtroppo – osserva Mario – la situazione del piccolo commercio non accenna a migliorare. La crisi economica si fa sentire, le famiglie hanno contratto le spese per l’abbigliamento e, pur di risparmiare qualcosa, molti clienti optano per prodotti di qualità inferiore. Io già da tempo ho fatto una scelta precisa, privilegiando un target medio-alto; dispongo di una clientela affezionata, che arriva anche dai paesi del circondario e che fa acquisti soprattutto in occasione di feste e cerimonie. Certo, il guadagno è quasi nullo, al contrario di quanto succedeva negli anni 50 e 60 quando la gente aveva i soldi in tasca e nessuna remora a spenderli». Difficile capire, allora, la ragione per la quale ogni mattina, alla sua età, seguiti a sollevare la serranda e a trascorrere l’intera giornata in un negozio pieno zeppo di merce sempre nuova. Ma basta poco per intuirlo: «Mio nonno, a Campli, aveva la licenza commerciale numero uno. Tutti noi abbiamo vissuto di commercio, con mio nipote Tonino siamo arrivati alla quarta generazione. Il commercio è una ragione di vita». E guarda con orgoglio il diploma d’onore conferitogli qualche anno fa dalla Confcommercio che l’ha premiato «per aver contribuito con la sua attività e la continua dedizione al lavoro alla crescita economica, produttiva e sociale del nostro territorio». A ben vedere, un riconoscimento più che meritato.



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