La Nuova Sardegna

Nuoro

«Esco dall’incubo violenza grazie al Punto donna»

Alessandra Porcu
«Esco dall’incubo violenza grazie al Punto donna»

Dagli insulti alle minacce e alle botte, l’odissea vissuta in casa da Loredana. «Se state subendo qualsiasi abuso, denunciate e non abbiate paura di farlo»

11 giugno 2018
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NUORO. Parla per la prima volta dopo tanti incubi e sofferenze Loredana, una giovane donna del Marghine o del Nuorese poco importa visto che la sua è anche la storia di Luisa, Margherita, Giulia, Manuela e Antonella. Potrebbe essere la storia di milioni di donne che ogni giorno, nel mondo, vengono insultate, minacciate, picchiate, sfruttate, stuprate. Ammazzate. A far loro del male sono gli uomini. Nella maggior parte dei casi proprio quelli che hanno sposato e con cui hanno avuto dei figli. Spesso sono i fidanzati, i compagni, a volte degli sconosciuti. Cambiano i personaggi, non la trama. Quella è sempre la stessa.

«Un giorno, all’improvviso, qualcosa è cambiato – sussurra Loredana –. Avevo l’impressione di non riconoscere la persona di cui mi ero innamorata. Quell’uomo era diventato sgarbato, ruvido nei modi. Mi guardava e mi parlava con disprezzo. Mi controllava. Non voleva più che uscissi da sola, neanche per andare a fare la spesa. Stava diventando padrone della mia vita e io non me ne accorgevo. Una sera, dopo aver messo a letto la nostra bambina di tre anni, abusò di me. Io non mi ribellai. Non trovai né la forza né il coraggio. Da quel momento in poi le violenze fisiche diventarono la normalità. Quando provavo a oppormi, mi picchiava. Cominciò tutto con uno schiaffo. Seguirono i pugni e dopo i calci».

«Una mattina, tentò di strangolarmi – continua la donna –, poi mi strattonò così forte tanto da farmi rotolare giù dalle scale. Riportai un trauma cranico e la frattura di due costole. Avevo il corpo pieno di lividi. I miei occhi tumefatti raccontavano quello che a parole non ero riuscita a confidare ai medici del Pronto soccorso. Nonostante avesse tentato di uccidermi, non lo denunciai. Ero terrorizzata, non potevo parlare a nessuno di quello che ero costretta a subire. Minacciava che non avrei rivisto la mia bambina se lo avessi fatto. Per mesi ho subito in silenzio. D’altronde nessuno mi avrebbe creduta. Non avevo una famiglia pronta a sostenermi, tanto meno avrei potuto contare sul supporto di quella di mio marito. Fu una mia ex collega di lavoro a rivolgersi all’associazione Punto donna che da anni, a Macomer, si occupava di violenza sulle donne. Le volontarie si presero carico della faccenda. Come da prassi vennero avvisate anche le forze dell’ordine».

«Il percorso non fu semplice. Oltre a me bisognava tutelare mia figlia. In situazioni delicate come quella, un minimo errore potrebbe costare caro. Avrei potuto essere accusata di sottrazione di minore. Ecco perché – prosegua Loredana – è sempre necessario rivolgersi a persone qualificate e preparate. Nel mio caso, per fortuna, è stato così». Sono passati anni da quel terribile episodio.

L’ex marito di Loredana sta scontando una pena per tentato omicidio.

Lei e sua figlia, invece, vivono lontano. In un luogo sicuro. Si sono rifatte una vita e, nonostante le difficoltà, hanno voltato pagina.

Loredana è l’esempio di come con forza e coraggio si possa interrompere la spirale della violenza.

«Vorrei rivolgermi a tutte le donne che stanno subendo quello che ho subìto io. Denunciate e non abbiate paura di farlo», dice a muso duro Loredana. Bisogna rompere il muro del silenzio. Solo così storie come questa potranno avere un lieto fine.



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