La Nuova Sardegna

Nuoro

Il Dna non è di Boe Caso Dall’Orto, cade il pilastro dell’accusa

di Luca Urgu

La difesa dell’ex bandito esulta dopo l’incidente probatorio Analizzate le tracce trovate su una lettera inviata nel 1988

15 giugno 2018
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NUORO. In questi mesi aveva sempre ostentato tranquillità e sicurezza ai suoi legali. Insomma nella vicenda del sequestro di Silvana Dall’Orto, rapita il 19 ottobre 1988, Matteo Boe aveva a più riprese detto che non c’entrava nulla. Ora gli esiti dell’incidente probatorio conclusosi a Bologna dove la Procura nei mesi scorsi aveva riaperto le indagini sul caso, danno a Boe e agli altri sedici indagati (tutti sardi) pienamente ragione. Il profilo genetico di Boe – tornato nella sua Lula nel giugno dello scorso anno dopo aver scontato 25 anni di carcere – assieme a quello degli altri indagati è stato comparato nel corso dell’incidente probatorio con quello “isolato” in un francobollo, utilizzato a suo tempo per inviare uno dei messaggi dei sequestratori alla famiglia della donna rapita. Il particolare era stato rivelato nelle scorse udienze da uno dei periti del pool, la dottoressa Susi Pelotti dell’università di Bologna davanti al Gip Rossella Materia.

Ora la perizia di oltre 130 pagine che ha di fatto concluso l’incidente probatorio - è molto chiara ed approfondita, tanto da affermare in maniera inequivocabile che il dna di Matteo Boe è assolutamente incompatibile con quello dell’ignoto isolato nel francobollo. Boe ha collaborato da subito con gli inquirenti sentendosi totalmente estraneo alla vicenda e sottoponendosi nel novembre scorso anche ad un nuovo prelievo (non che non ne fossero già in possesso) del suo profilo genetico.

Ora la palla passa di nuovo alla Procura che visto l’esito dell’incidente probatorio sembra più che probabile che opti verso una nuova archiviazione, l’altra strada sarebbe una richiesta di rinvio a giudizio.

I consulenti della Procura il cui lavoro aveva permesso di riaprire un’inchiesta da tempo archiviata avevano passato al setaccio dell’analisi di laboratorio una consistente serie di reperti, tra i quali una maglietta bianca che i banditi diedero alla vittima la notte della liberazione per ripararsi dal freddo, un borsone, una tuta mimetica, una coperta e un paio di scarpe da ginnastica.

Ebbene un profilo genetico maschile completo era stato trovato sul francobollo, più altri profili genetici misti (sia uomini sia donne) su altri reperti.

«Ribadisco che il mio assistito si è sempre dichiarato estraneo a queste accuse. La sua disponibilità a collaborare è stata sempre massima – ha ribadito da Bologna l’avvocato Valerio Flocco – ora con la prova scientifica penso che la vicenda si possa chiudere una volta per tutte». La difesa di Matteo Boe (l’uomo è assistito su altre questioni anche dall’avvocato Annarita Mureddu) sente che l’epilogo del caso tornato all’attenzione della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo emiliano è ormai vicino.

Matteo Boe è ormai un anno nel suo paese ai piedi del Montalbo, un uomo che dopo aver scontato tanti anni di carcere appare sereno. Si incammina verso la campagna di mattina e lì rimane tutto il giorno per poi far rientro a casa. Vita bucolica e buone letture per ricominciare una nuova vita.

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