La Nuova Sardegna

Nuoro

«Dall’Africa a Macomer per tornare a vivere»

di Giulia Serra
«Dall’Africa a Macomer per tornare a vivere»

La storia delle prime tre famiglie di rifugiati accolte grazie al bando Sprar Le assessore Ledda e Atzori: «Sono una occasione di arricchimento culturale»

10 agosto 2018
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MACOMER. Sancess e Confidance, due sorridenti gemellini di 2 anni, e i genitori Asowata e Grace, entrambi nigeriani con diritto d'asilo, costituiscono la prima famiglia arrivata a Macomer a fine giugno. Kalid, vispo ed incontenibile bimbo dagli occhi magnetici, figlio di Keno e Mekhia, coppia etiope riservata e discreta giunta in città da un mese circa. Infine la piccola e curiosissima Anita, 3 mesi appena, frutto dell’unione tra Christian e Tracy, origini nigeriane e ultimi in ordine di tempo a giungere nel capoluogo del Marghine.

Sono loro le tre famiglie ospiti che inaugurano il percorso di micro-accoglienza attivato grazie all'adesione alla rete dello Sprar, il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, al quale l'Unione dei Comuni del Marghine ha aderito, coinvolgendo sette dei suoi dieci Comuni, dando avvio ad un processo che mira a governare il fenomeno migratorio.

Per loro si sono aperte a Macomer le porte di una abitazione privata in periferia, grande tanto da ospitarli tutti, e con esse una nuova opportunità per riprendere in mano i fili della propria vita, strappati e dispersi dentro una cloaca inestricabile di storture geopolitiche, economiche e sociali. Nei loro occhi di giovani donne e uomini si scorgono le tracce di storie inenarrabili, di fughe per la libertà e per la sopravvivenza consumate attraversando quel passaggio quasi obbligato che è l'inferno della prigionia libica. Mesi di terra di mezzo, di luoghi strappati all’umanità dai quali si esce solo se si paga il riscatto, e poi la traversata in mare, stipati nei barchini «tra la vita e la morte», il salvataggio e infine l’approdo in Italia: esistenze che ora, con i documenti in regola e un diritto di asilo riconosciuto, sono da ricostruire anche attraverso processi da attivare per ridare speranza a chi è scampato all'orrore. «Vorrei imparare a leggere e scrivere in italiano – ci dice Mekhia, giovanissima madre che ha già una buona base linguistica e lo sguardo proiettato nel futuro – e poi trovare un lavoretto per rendermi utile». Non c’è niente di semplice nella sfida all'accoglienza intrapresa sul territorio dall’Unione dei Comuni, perché il percorso è complesso, parte dalla carne viva delle persone e avrà necessità dell’apporto costruttivo di tutta la comunità.

Per dare corpo al progetto Sprar sarà infatti essenziale inserire le famiglie nei centri abitati e creare le condizioni per un’integrazione reale nella società: per questo l'ufficio di piano Plus Marghine ha deciso di riaprire i termini per la presentazione delle manifestazioni d’interesse da parte dei privati cittadini affinché si possano reperire abitazioni che, cedute in affitto a prezzi di mercato, possano essere destinate allo scopo.

«Macomer è sempre stata una città accogliente e si è lavorato molto per costruire un progetto serio che mira ad una micro accoglienza di migranti in regola – dice l’assessora ai servizi sociali Rossana Ledda che, insieme alla collega Tiziana Atzori, si intrattiene con gli ospiti nella casa di Bonu Trau – queste famiglie sono per noi una possibilità positiva di arricchimento culturale, di scambio di esperienze, di realtà, di usanze e di stili di vita che s'incontrano e che possono convivere in armonia. Per costruire un'integrazione degna di questo nome – sottolinea - sarà fondamentale che la città e le varie associazioni che vi operano, dal volontariato, alla cultura fino allo sport, collaborino per trasformare questo percorso sperimentale in una esperienza di eccellenza».

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