La Nuova Sardegna

Nuoro

Armi e droga, condannati

di Simonetta Selloni
Armi e droga, condannati

Pistole e marijuana trovate a Bolotana, pene pesanti. Intrecci con il caso “Caddina”

25 settembre 2018
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ORISTANO. Il processo per il piccolo arsenale trovato a Bolotana sei anni fa e concluso con due condanne e un’assoluzione davanti al tribunale di Oristano sembra intrecciarsi con le indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia sul traffico d’armi provenienti dalla penisola, nell’ambito del quale era intercettato anche l’orgolese Giovanni Antonio Mereu “Caddina”. Caddina di recente è stato condannato per una associazione a delinquere che tra le altre cose si proponeva il sequestro della salma di Enzo Ferrari –, e che aveva il suo epicentro nella penisola. Nel 2012, una decina di pistole spedite dalla Toscana nascoste in un camion, sotto 500 quintali di legna, vennero recuperate con anche tre chili di marjiuana davanti alla casa cantoniera della Provincia, sotto Bolotana. Per quelle armi e droga, il processo di Oristano ha individuato quali responsabili due dei tre imputati: Pietro Ignazio Zizi, di Orune, al quale sono stati inflitti 6 anni e mezzo (e 6500 euro di multa) e Luigi Vargiu, un sardo residente nella penisola che ha avuto una condanna ben più pesante: complessivamente 11 anni e 17mila euro di multa. I giudici hanno invece assolto Giovanni Zizi, anche lui di Orune, difeso come il fratello dall’avvocato Francesco Carboni del foro di Nuoro, mentre Vargiu era difeso dall’avvocato Collalti di Roma.

Ma quale il collegamento tra “Caddina” e il processo di Oristano? Le armi e la droga erano stati ritrovati il 7 marzo del 2012, secondo quella che i carabinieri del Comando provinciale di Nuoro avevano definito un “colpo di fortuna”. Pattuglie di rientro dai controlli dopo un sequestro-lampo nel sassarese, si erano imbattuti in alcune persone che scaricavano legna nella casa cantoniera di Bolotana. Si erano insospettiti, si era detto, e avevano fatto portare giù tutta la legna sotto la quale c’era un bidone di latte che conteneva le armi. Un bell’arsenale: 8 semiautomatiche 7,65 di fabbricazione italiana, due revolver calibro 22 di provenienza spagnola. Poi c’era la droga. Un’operazione estemporanea, che inizialmente aveva coinvolto altre tre persone: l’autorasportatore e un commerciante, arrestati e scarcerati subito, perché completamente estranei, e un altro fratello dei due Zizi, Luigi, che è stato condannato con rito abbreviato e che risiede in Toscana. Ma secondo l’avvocato Francesco Carboni, lontano dall’essere un’operazione casuale, la scoperta dell’arsenale di Bolotana seguiva le tracce dell’inchiesta che la Dda aveva avviato tempo prima su “Caddina”. Una convinzione tale da indurre il legale a citare tra i testimoni il sostituto procuratore della Dda di Cagliari Gilberto Ganassi, che però non è stato chiamato a deporre. L’avvocato, in una richiesta di misura di pubblica sicurezza da applicare a Ignazio Pietro Zizi, si era imbattuto a un numero diverso del Registro generale delle notizie di reato attribuibile all’inchiesta della Dda sul traffico d’armi riguardante “Caddina”. Quel numero era però associato alle indagini sulle armi di Bolotana. Era quindi emerso in aula che più che una occasionale operazione, la scoperta dell’arsenale di Bolotana era il frutto di un lungo lavoro di intercettazioni che riguardavano Mereu e nelle quali però non c’era alcun riferimento a Giovanni e Ignazio Pietro Zizi, dei quali l’avvocato ha chiesto l’assoluzione. Inizialmente, il legale aveva insistito sulla incompetenza territoriale del tribunale di Oristano, ma senza successo. Il processo si è definito come detto, con due condanne e un’assoluzione, per un fatto che è stato ritenuto slegato dalle indagini della Dda. Ma è chiaro che di questa vicenda si parlerà ancora in appello.

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