La Nuova Sardegna

Nuoro

Le parti civili: «Giustizia per due vite spezzate»

Le parti civili: «Giustizia per due vite spezzate»

Gli avvocati dei familiari di Stefano e Gianluca si sono associati alle richieste della pubblica accusa

12 ottobre 2018
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NUORO. Ci sono vite spezzate e sofferenze indicibili dietro la morte di Gianluca e la sparizione di Stefano. Ci sono nomi e volti che ieri pomeriggio al termine dell’ultima, estenuante fase del processo hanno fatto la loro comparsa. C’è il volto affranto di Eleonora Pala, la fidanzata di Gianluca Monni che irrompe nell’aula al primo piano del palazzo di giustizia di Nuoro quando il suo avvocato di parte civile, Margherita Baragliu, mostra alla Corte la fotografia dei funerali del ragazzo dove la giovane donna è sorretta dai familiari del ragazzo. «È la stessa fotografia che Pinna invia su Whatsapp a Cubeddu. Questo delitto – dice l’avvocato – ha cambiato per sempre la sua vita, infrangendo i suoi sogni e togliendole la spensieratezza dei suoi 18 anni. Costringendola ad andare via da Orune». È poi toccato a Caterina Zoroddu, avvocato della famiglia Masala (il padre Marco, il fratello Giuseppe, la gemella di Stefano, Alessandra, e l’altra sorella Valentina) farsi portavoce della richiesta dei familiari di Stefano. Una richiesta che sin dalle prime battute del dibattimento è andata in un’unica direzione. «I suoi familiari – sottolinea – lo cercano ancora per dargli cristiana sepoltura. Marco deve adempiere alla promessa fatta alla moglie Carmela in punto di morte: riportare il loro ragazzo a casa. Ma sinora non è riuscito a riportare neanche i resti». Passa poi a tratteggiare la personalità di Stefano, un ragazzo che soffriva di sclerosi multipla, con una lievissima disabilità mentale, eppure sorridente e incapace di fare del male a chicchessia. Fiducioso nel prossimo e incapace di vedere il male altrui. Una facile preda. L’ultimo legale di parte civile, prima della ripresa della discussione in agenda lunedì prossimo con altri due avvocati è Angelo Magliocchetti, elgale di Francesco Dore, zio di Stefano. A lui mamma Carmela si rivolgeva dicendo «M’an furadu un anzoneddu . Mi hanno rubato un agnellino». E lui, che si è sposato il 3 maggio pochi giorni prima dei fatti ha visto al sua vita andare in fumo. «Francesco – racconta – l’avvocato parla di uno tsunami che si è abbattuto sulle loro esistenze. Dopo appena 10 mesi il suo matrimonio, durante il quale aveva visto Pinna cercare di avvicinare il nipote, è naufragato perché la moglie non voleva vivere a Nule. Ma lui ha deciso di stare accanto alla sofferenza». (g.f.)

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