La Nuova Sardegna

Nuoro

Mulargia, il piccolo borgo che resiste con 50 abitanti

Sandro Biccai
Mulargia, il piccolo borgo che resiste con 50 abitanti

Sentinella della 131, l’antica Molaria non ha più un negozio di generi alimentari. Tanti anziani, i pochissimi giovani e i bambini guardano al futuro rassegnati

12 ottobre 2018
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MULARGIA. Il pomeriggio uggioso non impedisce di spaziare con lo sguardo su buona parte dell’altopiano di Campeda, puntellato da una miriade di aziende zootecniche immerse nel verde intenso regalato dalle precipitazioni di queste ultime settimane. Mulargia si erge a settecento metri d’altezza sui primi contrafforti della catena del Marghine, alla stregua quasi di una sentinella che domina la sottostante statale 131, distante meno di due chilometri, ed osserva sorniona ciò che accade nelle vaste campagne alle sue spalle.

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L’antica Molaria conta oggi una cinquantina di abitanti, quelli che, nel tempo, non si sono fatti ammaliare dal richiamo della vicina Macomer e dalla tentazione di andare via per trovare un' alternativa al poco che offre oggi il borgo collinare, frazione di Bortigali sin dal lontano 1865.

«A Mulargia si vive bene- osserva una giovane originaria della frazione che risiede da tempo a Macomer – L’aria è ottima, la pace è assoluta, le campagne attorno splendide. Ma purtroppo non c'è alcun servizio e per ogni minima necessità occorre spostarsi. Io e tutti i miei fratelli siamo dovuti andar via già da diversi anni. Qui sono rimasti solo i pensionati e qualche allevatore».

Le fa eco una zia impegnata a sistemare il vialetto d’ingresso della sua abitazione a pochi metri dalla chiesa di Sant’Elena, la patrona festeggiata il 18 agosto. «Da diversi anni siamo privi di un esercizio commerciale – dice la donna – e dobbiamo accontentarci di quello che abbiamo: pace e tranquillità su tutto. Per noi anziani può essere sufficiente, per i giovani non credo. Infatti anche mia figlia si è trasferita a Macomer, pur trascorrendo parte della giornata qui. Ragazzi? Pochissimi. Certo, avremmo bisogno di un pò più di attenzione più per sentirci meno isolati».

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Un anziano pastore, seduto su un sedile in pietra davanti all’ingresso della chiesa parrocchiale aggiunge: «Ogni tanto si parla di qualcuno interessato a riaprire la pizzeria in attività fino a qualche anno fa, poi il progetto però non decolla».

Nella via principale si incontra un altro mulargese che vive e lavora a Macomer: «Vengo qui praticamente ogni giorno ma sono rimasto uno dei pochi a farlo. Mi dispiace, e non poco, vedere Mulargia ridotta in questo stato. Occorrerebbe un maggiore spirito comunitario, quello che, forse, abbiamo perso da tempo».

A poche decine di metri dall’ingresso della frazione, in un terreno chiuso da un cancello malfermo, si trovano i ruderi della chiesetta romanica di San Sergio (Santu Sirigu, per i mulargesi), quasi sopraffatta dall’incedere impietoso di rovi e sterpaglie.

Accanto, in condizioni non migliori, ciò che rimane del vecchio camposanto. Segni di un decadimento che pare inarrestabile. Al quale fa, però, quasi da contraltare il vigore di un ragazzino di una decina d’anni che “stantuffa” sui pedali della sua modernissima mountain bike per affrontare l’ultimo tornante che immette nel centro abitato.

In lui, nello sforzo che compie, si può intravvedere la tenacia di chi continua a resistere a dispetto di tutto.

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