La Nuova Sardegna

Nuoro

«Contro Cubeddu solo indizi»

di Giusy Ferreli
«Contro Cubeddu solo indizi»

Il legale dell’imputato: Alberto non ha mai avuto il carisma delinquenziale che gli viene attribuito

16 ottobre 2018
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NUORO. «Nell’impianto accusatorio contro Alberto Cubeddu il quadro indiziario è generico». L’avvocato Mattia Doneddu difensore del giovane di Ozieri accusato del duplice omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala ha parlato a lungo. La sua arringa, tesa a smontare le accuse a carico dell’imputato, parte dalla figura del 22enne ritenuto responsabile, con il cugino Paolo Enrico Pinna già condannato a 20 anni in due gradi di giudizio dal tribunale dei minori di Sassari, dei due efferati delitti avvenuti il 7 e l’8 maggio del 2015.

«Alberto – ha detto Doneddu rivolgendosi alla Corte d’assise di Nuoro – non ha mai avuto il carisma deliquenziale che l’accusa ha cercato di attribuirgli. Cubeddu è totalmente incensurato e non è mai stato iscritto quale indagato, in nessun procedimento penale». L’avvocato ha poi richiamato la formula secondo al quale basta un minimo dubbio sulla colpevolezza per imporre il proscioglimento. Ed è tonato sul movente che se per Pinna è radicato nel pestaggio subito dagli orunesi a Cortes apertas nel dicembre del 2014, per il suo assistito non sussiste. «Cubeddu è sicuramente cugino di Paolo Pinna, uscivano assieme qualche volta ma al di là di questo non ho sentito il motivo per il quale il mio assistito avrebbe aiutato il cugino (per il quale peraltro la sentenza non è ancora passata in giudicato) in questa terribile scorribanda. Perché – incalza l’avvocato – avrebbe dovuto commettere questi due omicidi? Nessuno ce lo ha saputo dire. Sarebbe imputabile, quindi solo alla parentela». Per l’avvocato Doneddu non c’è neanche l’ asse di raccordo tra i due contestato dall’accusa. Per la difesa i due momenti che secondo l’accusa sono fondamentali dell’organizzazione congiunta del piano criminale nulla hanno a che vedere con la colpevolezza di Cubeddu. Il primo riguarda la pubblicazione su un gruppo Whatsapp di una poesia che secondo Pinna lo avrebbe dileggiato per quanto accaduto a Orune, il secondo è la chat del 7 maggio. Per Doneddu le prove che i due ragazzi fossero d’accordo non possono essere considerate chiare e univoche. La difesa è poi passata a esaminare il riconoscimento fotografico da parte della studentessa orunese. «La testimone ha detto che tra tutte le fotografie quella di Cubeddu era la più somigliante al giovane visto in auto a Orune la mattina dell’agguato a Monni. Non lo ha riconosciuto con certezza». L’avvocato ha contestato anche le modalità utilizzate per comporre il dossier fotografico: «C’era solo una persona in giacca e cravatta ed era Alberto Cubeddu , una foto presa da Facebook, procedura insolita, e per giunta accessibile a tutti». Il difensore del giovane ozierese è tornata con forza anche sull’attendibilità della sorella Gabriella, l’unica dei familiari di Cubeddu che ha testimoniato in aula fornendo un alibi al fratello. L’arringa, che proseguirà quest’oggi, è stata preceduta da quella di Agostinangelo Marras, legale dell’altro imputato del processo, Francesco Pinna zio dei due cugini accusato dal pubblico ministero Andrea Vacca – che ha chiesto la condanna a 2 anni e 8 mesi di reclusione – di aver tentato di indurre il super testimone Alessandro Taras a rilasciare dichiarazioni mendaci. «Si tratta – ha dichiarato Marras – di atti gravissimi, capisco l’emozione e l’angoscia delle famiglie Monni e Masala per la loro tragedia familiare però quando si arriva alle soglie della camera d consiglio allora le emozioni devono rimanere fuori. Occorre valutare tutto sulla base di una norma». L’avvocato di Pinna ha poi chiesto l’assoluzione. «Non basta affermare – ha detto – che Francesco Pinna abbia fatto la telefonata al fratello di Taras. Occorre la prova che lo abbia minacciato e questa prova non esiste».

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