La Nuova Sardegna

Nuoro

«Nessuna prova contro Cubeddu»

di Giusy Ferreli
«Nessuna prova contro Cubeddu»

Proseguono le arringhe dei difensori dell’imputato 22enne, che oggi parlerà davanti ai giudici

17 ottobre 2018
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NUORO. «Non ci sono prove e neanche indizi oltre ogni ragionevole dubbio per condannare Alberto Cubeddu. Spogliatevi dell’emotività e restituite la libertà a questo ragazzo». Sono trascorse da poco le 13 quando l’avvocato Mattia Doneddu, difensore del giovane di Ozieri accusato del duplice omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala, si rivolge alla Corte d’assise di Nuoro e invoca l’assoluzione per il suo assistito.

La difesa. Gravità, precisione e concordanza sono i requisiti chiesti dall’ordinamento giuridico affinché gli indizi elementi possano ritenersi tale per portare alla condanna. E per la difesa, nel processo a Cubeddu, caratterizzato da un lato dal «perfezionamento artificioso di alcune circostanze» e dall’altro «dallo smarrimento di atti, nessun dato è idoneo a giustificare una tale sentenza. «Alla luce di questi principi occorre che ci sia la certezza: stiamo parlando dell’ergastolo, del carcere a vita per un ragazzo di 22 anni». L’avvocato che di buon mattino ha ripreso l’arringa iniziata lunedì pomeriggio ripercorre, intercettazioni alla mano, il clima di incredulità e stupore che si vive in casa Cubeddu quando si ha il sentore del suo coinvolgimento. E ripercorre anche l’esacerbarsi dei rapporti tra la famiglia del giovane ozierese e la famiglia di Paolo Enrico Pinna, il cugino già condannato in due gradi di giudizio per gli stessi crimini avvenuti tra il 7 e l’8 maggio del 2015. «I familiari – incalza Doneddu – non capiscono per qual ragione la madre di Paolo voglia tirare in ballo Alberto e dica cose non vere». Ancora si sofferma sulle prove («mancanti») che secondo il pubblico ministero Andrea Vacca inchioderebbero Alberto alla scomparsa di Stefano. «Voglio attenermi scrupolosamente agli atti processuali: non c’è una parola tra i due cugini sul ragazzo di Nule, non c’è una parola che provi l’accordo per fa sparire Stefano, usare la sua macchina e far cadere la colpa su di lui dell’omicidio di Gianluca». Doneddu passa ad analizzare la figura di Alessandro Taras, il super testimone che accusa Cubeddu di aver bruciato l’Opel Corsa sottratta a Masala la sera del 7 maggio e poi utilizzata per l’agguato a Monni, alla fermata dell’autobus di Orune, l’indomani mattina. «Taras – tuona l’avvocato fornisce una versione dei fatti falsa. Non è credibile e non c’è un riscontro alle sue parole è tutto costruito Nelle intercettazioni con gli amici dice di non sapere nulla».

I dubbi. Un altro rilievo riguarda le indagini. «Tutto ciò che non combacia con l’impianto accusatorio viene scremato, tutti i testimoni che non combaciano con la tesi accusatoria non sono considerati credibili. Perché non si è indagato su altre piste, perché non si sono tenute in considerazione altri dati?» chiede il legale. Ben più di un’allusione velata è invece il riferimento al fatto che nel fascicolo della difesa sino all’ultimo siano mancate le relazioni (ben due) del Nucleo Cinofilo chiamato a Nule per cercare Stefano. «Eppure in quella relazione, che non ci è stata messa disposizione – dice – c’è scritto che le tracce olfattive di Stefano hanno portato i cani molecolari esattamente dove un testimone aveva detto di averlo avvistato, all’entrata di Pattada. Da lì poi il cane ha proseguito verso la strada 128 bis dove la macchina di Masala è stata bruciata. Chi è che ha nascosto questi atti? Perchè non sono stati messi a nostra disposizione?».

«È innocente». Nel pomeriggio è Patrizio Rovelli, altro legale di Cubeddu, tra i decani dei tribunali della Sardegna, a prendere la parola. «Il suo diritto di difesa è stato compresso anche mediaticamente ma noi abbiamo creduto nell’innocenza abbiamo portato nel processo importanti pezzi di verità». L’avvocato passa ancora una volta all’attacco del super testimone. «Di Taras non mi fido. Non mi fido perchè è disponibile a qualunque compromesso pur di salvare se stesso accusando gli altri. Lo fa quando inizia a preoccuparsi, e quando sa che è immanente il suo coinvolgimento negli omicidi. Teme che possa arrivare una contestazione più grave. E teme il rapporto quasi ossessivo dei carabinieri nei sui confronti che lo hanno convocato». Oggi il difensore concluderà l’arringa poi la parola passerà al pm e elle parti civili per le repliche. Oggi Cubedu parlerà, per la prima volta in aula rilasciando dichiarazioni spontanee. La parola passerà poi alla Corte presieduta da Giorgio Cannas che in camera di consiglio deciderà per l’assoluzione o la condanna.

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