La Nuova Sardegna

Nuoro

«Sono innocente, assolvetemi»

di Giusy Ferreli

Cubeddu si rivolge ai giudici poco prima che si riuniscano in camera di consiglio per il verdetto

18 ottobre 2018
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NUORO. Per la prima volta nel processo per il duplice omicidio di Gianluca Monni e Stefano Masala, l’imputato Alberto Cubeddu prende la parola. E lo fa al culmine di una giornata interminabile, poco prima che la corte d’Assise di Nuoro si ritiri in camera di consiglio. «Non ho fatto nulla, non avevo motivo di fare del male a nessuno. Ho avuto discussioni con altre persone ma non le ho mai risolte con la violenza» dice il ragazzo di Ozieri rivolgendosi ai giudici. La tensione si fa palpabile. La sua voce, all’inizio tremante si fa più distesa mentre i familiari delle due vittime si alzano in piedi per non perdere neanche una parola di ciò che il 22enne dirà in una mezzora abbondante di dichiarazioni spontanee. Ricostruisce le giornate del 7 e dell’ 8 maggio 2015, parla dei suoi rapporti con il cugino Paolo Enrico Pinna (già condannato in due gradi di giudizio per gli stessi fatti di sangue) e si proclama innocente. «Non lo avrei mai fatto. Non è quello che i miei genitori mi hanno insegnato, non appartiene ai miei valori» prosegue Cubeddu che conclude dicendo: «Spero di non aver dimenticato nulla».

Qualche minuto prima, il suo difensore, l’avvocato Patrizio Rovelli, invoca, in sede di replica, il verdetto di non colpevolezza che aveva sollecitato poche ore prima alla fine dell’arringa. «Il ragionevole dubbio – dice in mattinata Rovelli – è andato oltre, è diventato una certezza: Cubeddu non ha istigato nessuno. Non ha ucciso Gianluca, non aveva motivo di fare del male a Stefano e non ha incendiato la macchina a Osaspera». Per il difensore, impegnato in una estenuante maratona giudiziaria nell’aula al primo piano del palazzo di giustizia di Nuoro, non ci sono prove certe che il ragazzo abbia commesso quei gravissimi atti che hanno scosso due comunità. «Non identificate la posizione di Paolo con quella di Alberto perché ognuno ha diritto a un equo processo» chiede l’avvocato che sostiene come il ragazzo abbia un alibi straordinario per la sera del 7 maggio, giorno della scomparsa di Stefano da Nule ( chatta con gli amici e si trova a Ozieri), e di contro per la mattinata dell’8 maggio, giorno dell’agguato a Gianluca, possa contare «sulle novità emerse nel processo». Per Rovelli, tra queste novità, c’è anche il fermo immagine catturato dalle videocamere di un ovile a 15 minuti da Orune di una Fiat Grande punto indicata dalla testimone. «La macchina è quella descritta dalla ragazza che ricordiamo ha visto un giovane ma non ha visto lo sparatore che con tre copi di fucile ha ucciso Monni. La studentessa fornisce una descrizione dettagliata e – incalza il legale – in questo frame c’è l’ingombro arancione di cui parla». Che dire poi persona del comportamento, insolente e teso a mettersi in evidenza del passeggero che stava sull’auto? «Ma non vi sembra incredibile che mostri il volto. Non è un’ anomalia che importuni la ragazza mentre sta per commettere un omicidio?». Insinua dubbi sulle modalità di riconoscimento fotografico del quale dice «non c’è la certezza assoluta». Insinua il dubbio, ancora una volta, sulla bontà delle dichiarazioni di Alessandro Taras, il testimone che in incidente probatorio prima e in aula poi sostiene di aver accompagnato Cubeddu a bruciare l’auto di Masala utilizzata per l’agguato a Orune. «Che attendibilità può avere chi per 158 volte ha detto non ricordo e che mente su tante circostanze?». E ancora lui, al termine di una giornata interminabile e prima di una notte ancora più lunga a stringere la mano al suo assistito prima che gli agenti lo riaccompagnino in carcere. E che i giudici si ritirino per decidere la sua sorte. «Che Dio ti protegga» gli dice.



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