La Nuova Sardegna

Nuoro

Migranti e Sprar, il gran cuore dei santupredini

di Stefania Vatieri

Mannironi: «Un progetto che ci rende orgogliosi». I residenti: «Per noi sono una opportunità»

09 novembre 2018
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NUORO. Non è vero che gli immigrati sono la principale causa della crisi, dell’impoverimento e della criminalità. Non sono il primo problema, nemmeno il secondo. E neppure il terzo. «Sono semplicemente l’anello debole della catena che abbiamo il dovere di aiutare senza se e senza ma. Siamo sempre stati i più grandi sostenitori dello Sprar e il fatto che il progetto prenderà piede in città ci rende particolarmente orgogliosi». Non lascia spazio alle esitazioni Stefano Mannironi, avvocato e componente del direttivo dell’associazione Migrantes, che circa tre anni fa volontariamente «e grazie alla collaborazione di numerose persone provenienti dalle più svariate realtà sociali ha dato ospitalità a un centinaio di immigrati accolti a casa Moro, nel rione storico di San Pietro». Un modello di accoglienza che mette in primo piano la persona e le sue necessità, nato alla fine del 2014 per affrontare l’eccezionale ondata di immigrati in fuga verso il nostro Paese. Oggi casa Moro è diventata casa Asproni, e dal quartiere dei Mastros si è trasferita a pochi passi dalla Cattedrale.

«La famiglia Moro, che per prima ci aveva concesso in comodato d’uso gratuito la struttura di via Chironi ha passato dopo tre anni di ospitalità il testimone a una seconda famiglia nuorese, che gratuitamente ci ha concesso la propria abitazione in via Asproni – spiega Stefano Mannironi –. Attualmente ospitiamo sette immigrati africani, alcuni hanno ottenuto la protezione internazionale, altri sono in corso di valutazione». Un’esperienza che lo stesso avvocato nuorese definisce vincente, «perché i ragazzi accolti hanno la possibilità di integrarsi nel territorio, che li accoglie sotto la propria ala protettrice facendoli sentire parte della comunità».

È quanto accaduto a casa Moro, dove gli abitanti del rione a turno portavano agli ospiti generi alimentari, vestiti e perché no, supporto morale. «Sono stati trattati dai santupredini come “fizzoso e anima”, non c’era giorno in cui qualcuno non portasse qualcosa ai ragazzi: pane carasau, biscotti, vestiti o caffè – aggiunge –. L’arrivo in città di 26 migranti accolti attraverso il modello Sprar, un accoglienza cioè integrata per richiedenti asilo e rifugiati, sarà un’opportunità sia per coloro che saranno ospitati, ma anche per la città». La pensano così anche alcuni cittadini nuoresi che accolgono con soddisfazione la notizia dell’arrivo di un gruppo di immigrati, che a breve saranno ospitati in cinque appartamenti, attraverso il progetto dello Sprar e supportati da un team di professionisti. «Sono contenta che il modello di accoglienza scelto sia quello dello Sprar – spiega Alessandra Cucca, residente a pochi passi da casa Moro –. Siamo invasi da notizie che descrivono l’arrivo degli immigrati come il male del secolo, mentre per me sono un’opportunità di scambio culturale oltre che lavorativo». La parola accoglienza sembra essere al primo posto anche per Mario Gusai, infermiere in pensione, che tra le tante perplessità sottolinea l’importanza del progetto. «Se potessi scegliere se averli in città o no opterei sicuramente per la seconda – esordisce il pensionato –, non certamente per una questione razziale, ma semplicemente per il fatto che non siamo in grado di accoglierli e gestirli come si deve. Sta di fatto che sono a favore di questo progetto, che racchiude una mission lodevole e fondamentale: la solidarietà e l’accoglienza».

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