La Nuova Sardegna

Nuoro

La nuova vita di Sas sette carrelas

di Sandro Biccai
La nuova vita di Sas sette carrelas

Il centro storico si ripopola di coppie giovani. L’artigiano: «La tranquillità regna in queste vie»

11 novembre 2018
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MACOMER. Nel cortile della sua vecchia casa di via Marsala, nel rione storico de Sas sette carrelas, fino alla metà degli anni Cinquanta era presente perfino un rifugio antiaereo utilizzato, all’occorrenza, da donne e bambini. «Gli uomini non ne avevano bisogno, loro erano sempre in campagna», spiega Salvatore Dore, 77 anni, controllore zootecnico in pensione ed ancora oggi allevatore di bovini per passione. Seduto su uno sgabello, tra il forno per il pane e alcune botti allineate lungo la parete, aggiunge: «In questa zona si vive bene perché si respira l’atmosfera paesana di un tempo. E poi – scherza – ho il primato di essere il più giovane dell’intera via».

Quasi a lasciare intendere che nel dedalo di viuzze de “Macumere etzu” i residenti abbiano tutti i capelli bianchi. Ma non è cosi. E Michele Pes, allevatore quarantenne, lo testimonia: «Il centro storico è densamente popolato; numerose persone si sono trasferite qui da altre zone di Macomer e hanno deciso di ristrutturare vecchie abitazioni, ereditate o acquistate. Ci sono diverse coppie giovani con bambini piccoli, sicuramente più che in passato». Un artigiano, Giuseppe Arca, abita in via Cagliari da ormai 27 anni: «L’aspetto che più mi piace è la tranquillità che regna in queste vie; in un mondo caotico come quello che viviamo non è poco. In questo pezzo del centro storico quasi tutte le case sono abitate ed è un fatto positivo». A pochi metri da casa sua c’è il piccolo negozio di alimentari di Antonietta Pes, da cinquant’anni punto di riferimento per gli abitanti de Sas sette carrelas.

Un tuffo nel passato. Pochi metri quadri in tutto, merce ordinata con cura, bilancia d’annata sul bancone ed accesso diretto nell’abitazione della titolare, che spiega: «È vero che i giovani si spostano in macchina e comprano in altre zone di Macomer, ma le persone anziane continuano a venire qui. Il mio è l’unico alimentari rimasto aperto, finché posso lo manderò avanti».

Procedendo verso la parte bassa del rione, tra case ristrutturate di recente ed altre segnate dal tempo, ancorché ingentilite da architravi e stipiti aragonesi di pregio, si attraversa la piazza che omaggia il poeta Pedru Caria e si giunge alla sede del coro Melchiorre Murenu, ospitata nella casa che ha dato i natali al grande aedo cieco, assassinato nel 1854 a Sa Rocchitta da mani rimaste ignote.

Dietro l’angolo, in piazza Peana, il ristorante pizzeria “La Cascina” è aperto per il pranzo. Mentre il titolare è impegnato in cucina, una cameriera conferma che si tratta dell’unico ristorante de Sas sette carrelas e, con un pizzico di amarezza, aggiunge: «Ogni tanto bisognerebbe ricordarselo».

Il Room&B “Casa Castori”, in un edificio d’epoca, offre ai suoi ospiti sei camere con dettagli in pietra originali e dai nomi che si rifanno alla storia macomerese: Tamuli, Filigosa, Nuraghe Ruiu.

Quasi alle sue spalle, il museo archeologico del Marghine continua, invece, a rimanere tristemente chiuso. «E pensare – commenta un passante scuotendo la testa – che la struttura è stata inaugurata ben due volte con grandi proclami».

Più in basso ancora, via Eleonora si allarga in un’ampia piazza che ospita, l’una di fronte all’altra, la chiesa cinquecentesca di Santa Croce e la Casa Attene, edificio padronale utilizzato per mostre ed eventi culturali. Dalla piazza ci si può spingere ancora oltre, fino a giungere a ridosso del costone da cui si domina la vallata de S’Adde e il tortuoso tracciato della vecchia strada per Nuoro. Oppure, in pochi attimi, si può arrivare alla parrocchiale di San Pantaleo, lasciarsi alla spalle i silenzi de Sas sette carrelas ed immergersi di nuovo nel caos del traffico cittadino.



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