La Nuova Sardegna

Nuoro

mANCANO SEDIE, CASSE E MICROFONI

di Valeria Gianoglio

NUORO. «Alle 13.37 del 17 novembre 2013 ci risulta un avviso di condizioni meteo avverse dalla direzione centrale di Roma della Protezione civile. Cosa voleva dire?», chiede il pm Emanuela Porcu....

13 novembre 2018
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NUORO. «Alle 13.37 del 17 novembre 2013 ci risulta un avviso di condizioni meteo avverse dalla direzione centrale di Roma della Protezione civile. Cosa voleva dire?», chiede il pm Emanuela Porcu. «Questo tipo di avviso, di previsione, non è detto che portasse poi all’avviso di “criticità elevata – risponde il teste Giorgio Cicalò, all’epoca dei fatti direttore generale della Protezione civile regionale – ma dipende dallo stato in cui si trovava il territorio. C’è sempre un margine di imprevedibilità spaziale e temporale. In quella occasione il fenomeno fu particolarmente vasto, non si era mai verificato con quella intensità. Partì dal Campidano e arrivò alla Gallura. Neanche con la sfera di cristallo si poteva capire esattamente quando e dove la concentrazione di precipitazione avrebbe prodotto effetti». Dopo una lunga fase di rodaggio e false partenze, ieri mattina entra subito nel cuore dell’intera vicenda giudiziaria, il processo nato dall’unione dei tre tronconi di inchiesta legati all’alluvione del 18 novembre 2013. Il troncone legato al ponte di Oloè, quello del disastro di Torpè, e il crollo del ponte sul rio Sologo. Ieri mattina, infatti, davanti al giudice monocratico Giorgio Cannas, agli avvocati dei 61 imputati e alle parti civili tutti stipati come sardine in un’aula troppo piccola per le presenze legate alla vicenda, il processo ha toccato la prima udienza dedicata all’audizione di due testi dell’accusa. Sono Giorgio Cicalò, dunque, nel 2013 direttore generale della Protezione civile regionale, e Francesco Tola, funzionario della stessa direzione regionale.

Ad entrambi, il pm Emanuela Porcu e la collega Ilaria Bradamante, hanno chiesto a più riprese di spiegare ai presenti come si articolasse il sistema della Protezione civile in Sardegna nel novembre del 2013, poco prima che l’alluvione si abbattesse con tutta la sua forza sull’isola, e producesse morti, una marea di danni, e tanta devastazione. Il primo dato consolidato che è emerso dalle deposizioni dei due esperti lo ha spiegato bene Cicalò. «Nel 2011 – ha detto, rispondendo alle domande del pm Porcu – non esisteva il centro funzionale regionale della Protezione civile. C’erano trattative in corso per crearlo ma le risorse vennero stanziate nel dicembre del 2013. Quindi le previsioni dell’evento meteo e il livello di stato di allerta arrivavano da Roma. La Regione si preoccupava di divulgare questi avvisi. «Il 17 novembre – ha continuato il teste Cicalò – era stato emanato un avviso di criticità ordinaria, terminava alle mezzanotte. La criticità elevata, invece, è cominciata alle 8 del 18 novembre». Anche l’altro teste della Protezione civile sentito ieri in aula, Francesco Tola, rispondendo alle domande della pubblica accusa ha ripercorso i momenti concitati della giornata che nel novembre 2013 aveva preceduto il disastro. «Alle 12.54 del 17 novembre 2013 – ha spiegato Tola – alla sala operativa regionale integrata arriva la chiamata di un funzionario della Provincia, Paolo Marras, che informa dell’impraticabilità della strada Dorgali-Nuoro. Alle 13.54 del 18 lo stesso funzionario informa del crollo del ponte all’altezzadi Manasuddas». L’audizione dei due testi Cicalò e Tola è stata poi rinviata all’udienza del 27 novembre e in quella occasione l’accusa spera di riuscire ad avere in aula le casse necessarie per far ascoltare alcune telefonate.

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