La Nuova Sardegna

Nuoro

Nuoro, la richiesta dei trapiantati: «Stop a trasferte per esami»

di Francesco Pirisi
Nuoro, la richiesta dei trapiantati: «Stop a trasferte per esami»

Il presidente dell’associazione, Bellu: «Le visite sono concentrate al Brotzu». «Da tempo chiediamo di avviare il servizio day hospital anche al San Francesco»

10 dicembre 2018
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NUORO. Vivono grazie a un atto d’amore. Ne vorrebbero ricambiare degli altri per chi aspetta la donazione di un organo, per continuare o riacciuffare la vita. Sono i 90 trapiantati del Nuorese e dell’Ogliastra, riuniti nel sodalizio onlus che aderisce all’associazione nazionale Aitf. L’attività sul territorio ha come motrice il direttivo di 13 ex pazienti. Lo guida Luigi Bellu, 73 anni, originario di Ozieri, ma nuorese di adozione, che nel 2014 è stato sottoposto al trapianto di fegato. Intervento fatto al “Brotzu” di Cagliari, in Sardegna unico luogo dedicato per sofferenze e speranze dei malati trapianto-dipendenti. L’impegno è di informare sul valore e la necessità della donazione, attraverso la collaborazione con il centro trapianti locale e quello regionale. Senza dimenticare di seguire chi l’organo sostitutivo l’ha già ricevuto, sia stato esso un rene, o un fegato o ancora il fatidico cuore nuovo, e vive in maniera soddisfacente. Perché ci sono i controlli clinici, a tappe fisse, che in certi casi diventano un peso oltre lo stesso stress dell’attesa dell’esito medico.

Il presidente Bellu: «Il problema è nel doverci sobbarcare delle trasferte a Cagliari, delle volte con partenza dalla Baronia o dalla Gallura, perché le visite sono concentrate al “Brotzu”. A parte per chi ha subito il trapianto del rene che può fare gli esami a Nuoro o in altri ospedali».

Il day hospital al San Francesco per il momento è solo una promessa. Nonostante una richiesta firmata proprio dal sodalizio aderente all’Aitf: «Già dal mese di marzo un progetto per aprire l’ambulatorio è a Sassari, all’attenzione del direttore dell’Ats, l’azienda sanitaria regionale, Fulvio Moirano. Ma, ancora, non l’ha esaminato. Noi l’avevamo proposto già due anni fa al commissario dell’ex Asl, Mario Palermo, che aveva concordato sulla necessità di avviare il servizio».

Il lavoro di informazione su trapianti e donazione è comunque il percorso su cui gli ex pazienti impegnano molte delle energie. Con buoni risultati, ma senza esiti assoluti. Perché la strada non è in discesa. Diversi gli ostacoli, col consenso alla donazione ancora limitato da paure o convinzioni di fede.

La prassi nelle parole di Bellu: «La scelta avviene in rianimazione. Delle volte il familiare è informato e già propenso alla donazione. C’è invece l’altra tipologia, ossia della persona a cui devi spiegare le cose, e che in alcuni casi acconsente mentre in altri rifiuta». Per questo il presidente dei trapiantati della provincia di Nuoro vuole sgombrare il campo dai dubbi: «Nella rianimazione non si stacca il malato dalle macchine per poi massacrarlo e espiantargli gli organi, come qualcuno crede. S’interviene solo dopo la morte cerebrale, verificata da un’apposita commissione, che fa due esami a distanza di sei ore. Solo a quel punto c’è la richiesta per l’espianto». Se c’è il sì, si mette in moto un circuito coordinato dal centro nazionale trapianti, che decide a chi dovranno andare gli organi staccati dalla persona appena deceduta. La compatibilità, sia del gruppo sanguigno, sia dell’organo col corpo del ricevente, sono tra gli altri elementi alla base della scelta. Le richieste sono tante, ma per fortuna è in crescita anche la gamma delle opportunità. Perché, spiega ancora Luigi Bellu, «con l’aumento dell’età media, il donatore può essere anche un ultraottantenne. Basta solo che abbia trattato bene l’organismo durante la vita, con abitudini sane e attività fisica». Le stesse che oggi praticano Bellu e i suoi amici, dedicando qualche ora alla ginnastica o alle passeggiate: «Lo dobbiamo anche a chi ci ha fatto un dono grandissimo».

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