La Nuova Sardegna

Nuoro

Orgosolo, morto a 38 anni per un aneurisma: la Cassazione riapre il caso

Valeria Gianoglio
Orgosolo, morto a 38 anni per un aneurisma: la Cassazione riapre il caso

L’orgolese Antonio Mesina era deceduto nel 2001 dopo lunghe sofferenze. La corte romana ha accolto il ricorso dei familiari e disposto un nuovo appello

18 dicembre 2018
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ORGOSOLO. Per la Corte d’appello che si era pronunciata due anni fa sul caso della morte nel 2001 di un paziente orgolese di 38 anni, Antonio Mesina, nelle condotte dei medici dell’ospedale San Francesco «non vi fu colpa. Visitarono con zelo il paziente, né potevano sospettare l’esistenza di una patologia (l’aneurisma) della quale non esistevano sintomi specifici». Ma la Corte di cassazione, negli ultimi giorni ha ribaltato tutto annullando, con rinvio a un altro giudizio d’appello, la pronuncia di secondo grado. E nel farlo, ha stabilito che «se l’intervento fosse stato eseguito immediatamente, non vi sarebbe stata l’emorragia, la quale fu la causa del danno cerebrale e della morte». E anche per questo punto, la sentenza di appello è stata “cassata con rinvio” e i giudici hanno accolto il ricorso presentato dai familiari ed eredi di Antonio Mesina, attraverso i loro avvocati di fiducia Alberto Spanu e Francesca Pira. Un ricorso che vedeva, come controparti dei familiari del morto, non solo i due medici Luigina Musu e Raffaela Maria Natalina Ferrai, ma anche l’azienda sanitaria locale nella persona del suo allora commissario straordinario, Mario Palermo,

Secondo quanto hanno disposto i giudici di terzo grado, dunque, attorno al caso della morte del paziente orgolese, ci dovrà essere un nuovo processo d’appello, in sede civile, che dovrà accertare «se un più tempestivo intervento di clippaggio dell’aneurisma, compiuto quando l’ematoma non si era ancora formato o comunque non avrebbe raggiunto le dimensioni di cm 4x2, avrebbe avuto ragionevoli probabilità di salvare la vita del paziente».

«La sentenza impugnata – si legge nella pronuncia della Cassazione – va dunque cassata con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari, la quale nel riesaminare il gravame applicherà il seguente principio di diritto: «Tiene una condotta colposa il medico che, dinanzi a sintomi aspecifici, non prenda scrupolosamente in considerazione tutti i loro possibili significati, ma senza alcun approfondimento si limiti a far propria una sola tra le molteplici e non implausibili diagnosi».

Ci sarà un nuovo processo d’appello – un appello bis – dunque, nella lunga vicenda giudiziaria nata ormai ben 17 anni fa, dopo la morte dell’orgolese di 38 anni, Antonio Mesina, dopo un lungo peregrinare tra medici, ambulatori e ospedale nato a causa di un mal di testa acuto e insistente. I suoi familiari, in seguito, avevano avviato una causa civile nei confronti dei medici che avevano visitato Antonio Mesina secondo loro senza riconoscere, e intervenire in modo immediato di conseguenza, su ciò che causava la sue sofferenze fisiche: si trattava di un aneurisma.

Per i primi due gradi di giudizio, tuttavia, la giustizia civile ha stabilito che i medici non avevano alcuna colpa, né potevano sospettare l’esistenza di una patologia del genere. La terza sezione della Corte di cassazione presieduta dal giudice Giacomo Travaglino, ha stabilito che invece si sarebbe potuto procedere in modo diverso, che i medici non hanno fatto tutto gli approfondimenti che avrebbero dovuto fare, e che «la sentenza impugnata è errata in diritto nella parte in cui ha accertato che i sintomi fossero aspecifici, e ritenuto in diritto che non vi fosse colpa dei sanitari nel non avere sottoposto il paziente a più approfonditi esami diagnostici».

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