La Nuova Sardegna

Nuoro

Omicidio Piras, l’accusa: «Ergastolo per gli imputati»

di Kety Sanna
Omicidio Piras, l’accusa: «Ergastolo per gli imputati»

Processo d’appello per il delitto dell’allevatore di Lula ucciso a fucilate 4 anni fa Il Pg: «Il fratello Nico e Alice Flore colpevoli. Contro di loro indizi inequivocabili»

12 ottobre 2019
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SASSARI. Il procuratore generale Paolo De Falco dopo una requisitoria di un paio d’ore ha chiesto due ergastoli per Nico Piras e la moglie Alice Flore (difesi dagli avvocati Angelo Manconi e Francesco Lai) accusati dell’omicidio dell’allevatore di Lula, Angelo Maria, fratello e cognato degli imputati, ucciso a fucilate nelle campagne di Ughele il 25 gennaio 2015. La parte civile, rappresentata dagli avvocati Giovanni Colli, Paolo Canu e Francesco Mossa, si è associata alle richieste del Pg che ha sposato integralmente l’impianto accusatorio del processo di primo grado, conclusosi con una sentenza a favore degli imputati, “per non aver commesso il fatto”. Sentenza avverso la quale, però, aveva presentato ricorso il pubblico ministero Andrea Ghironi. Ieri davanti alla Corte d’assise d’appello di Sassari, presieduta dal giudice Plina Azzena, il Pg ha ripercorso i punti salienti di un processo indiziario, basato sulle intercettazioni dei dialoghi e dei rumori, captati dalle microspie installate sull’autovettura parcheggiata nel cortile dell’abitazione degli imputati, la notte prima dell’omicidio; ma anche sul rinvenimento, in una casa diroccata di un paio di scarpe aventi tracce biologiche di Nico Piras, di cui Alice Flore si sarebbe sbarazzata il giorno del delitto. A legare questi elementi un duplice movente consistente nei contrasti esistenti tra la vittima e il fratello, per questioni legate all’eredità e per una ruspa che Angelo Maria avrebbe dovuto rendere a Nico. Inoltre, a rafforzare la tesi accusatoria, il violento litigio insorto tra i due fratelli il giorno prima dell’omicidio. Il presidente della Corte, riaprendo l’istruttoria dibattimentale con l’intento di capire quale ruolo e responsabilità Nico Piras e Alice Flore abbiano avuto nell’omicidio, aveva ritenuto di dover sentire di nuovo in aula il maresciallo Ciancilla che condusse le indagini. L’investigatore ha confermato che quanto appreso dalle intercettazioni era inequivocabile: quando Alice Flore disse al marito “preparatinne battoro” non si riferiva ai panini da dare ai cani (come, invece, aveva sostenuto la difesa in primo grado ndr), bensì al numero di cartucce da inserire nel serbatoio dell’arma da usare nell’agguato. Nel cortile di casa Piras erano stati visti solo due cani e nessun sacco con pane raffermo. Così anche il maresciallo Piras, del Ris di Cagliari, che aveva esaminato le scarpe aventi tracce biologiche riconducibili all’imputato: ha ribadito in aula che solo su una delle due tracce non si poteva avere certezza sul Dna perché deteriorato, ma nessun dubbio sull’altra. E ancora la prova, certa, del fatto che Flore, secondo il Pg complice del marito nell’organizzazione del delitto e nell’occultamento delle prove, la mattina dell’omicidio senza dubbio si era fermata davanti al casolare. Per l’accusa, inoltre, determinante era stata la confessione che Nico fece qualche mese dopo il delitto. Di ritorno dal carnevale di Ottana con altri compaesani, parlando dell’amico Salvatore Marras che considerava come un fratello, aveva detto: «Vabbè già sai cosa ho fatto a mio fratello ma Bovore e un’altra cosa». L’8 novembre spazio alla difesa e il 13 dicembre, dopo eventuali repliche, la Corte si ritirerà in camera di consiglio.

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