La Nuova Sardegna

Olbia

As Do Mar, così il tonno è diventato oro

di Luca Rojch
As Do Mar, così il tonno è diventato oro

L’amministratore delegato Vito Gulli spiega il miracolo della fabbrica che fa crescere utili e dipendenti nel cuore della crisi

11 luglio 2013
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OLBIA. Capitalista eretico, industriale del sociale, geniale investitore. Vito Gulli, il re dell’As Do Mar, è un capitano d’industria atipico. Ha piegato il suo pragmatismo, di chi ha il fiuto del denaro, a una visione filosofica dell’esistenza, quasi umanistica. Gulli mette al centro l’uomo. Quando parla sembra di sentire un sindacalista anni ’70, di quelli che si incatenavano ai cancelli. «I salari devono essere più alti». «I lavoratori vengono prima di tutto». Non solo parole, Gulli va controtendenza. Tutti fuggono dall’Italia, lui investe 25 milioni di euro e apre nel 2008 una fabbrica che inscatola tonno nell’isola più depressa del Mediterraneo, la Sardegna, e riesce a fare utili. Oggi nello stabilimento di Olbia lavorano 300 dipendenti, un’isola felice nel cuore di una regione sempre più in affanno. Il fatturato del gruppo per il 2013 sarà di 200 milioni di euro. E il re del tonno si è tolto lo sfizio anche di mangiarsi la Manzotin. Gulli ha acquistato azienda e marchio e si prepara al nuovo miracolo.

Il vulcanico numero uno della As Do Mar ha le idee chiare. «Io ho una visione precisa – spiega –, l'unico modo di uscire dalla crisi è rimettere in piedi il circolo virtuoso. Creare lavoro, dare la possibilità di acquistare, rilanciare i consumi, che portano più lavoro. Solo in questo modo si tiene in piedi l’economia. Dal baratto all’iperliberismo tutto si basa su questo principio elementare. Ecco perché ho scelto di mantenere la fabbrica in Italia. Ecco perché ho scelto la Sardegna. I sardi hanno intelligenza e manualità fuori dal comune. Dare lavoro a 300 persone in questa città significa creare economia, consumi, reddito. So che se andassi in Portogallo o in Africa pagherei dalle 6 alle 10 volte in meno il costo del lavoro, ma la mia è una scelta filosofica. Così come la volontà di puntare solo sulla qualità del prodotto, porta a importanti risultati. Io sono convinto che in momenti come questi sia più importante investire nella occupazione che fare utili di impresa». Un’ora di lavoro di un operaio in una fabbrica che inscatola tonno in Thailandia o in un paese africano viene pagata 30 centesimi di euro, in Portogallo 5,4 euro, in Italia 22 euro.

La As Do Mar punta sulla qualità. E i dati danno ragione all’amministratore delegato della General Conserve, Vito Gulli. La società da anni è seconda in Italia come fatturato e da sei mesi anche il marchio As Do Mar è arrivato a un gradino dalla vetta. «Siamo cresciuti tantissimo – continua Gulli –, segno che la qualità paga. Solo in questi primi sei mesi il fatturato è aumentato del 24 per cento». Non solo le scatolette di marca, la General Conserve produce anche per le private label, i prodotti che hanno spesso il marchio della catena di supermarket in cui vengono venduti. «Ne produciamo per tantissime aziende – spiega –, non dico quali, perché temo di dimenticarne qualcuna. Abbiamo puntato sulla qualità e sono convinto ci siano ancora grandi margini di crescita di questa realtà».

@LucaRojch

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