La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, i fornai lanciano l’allarme: crolla il mercato del pane

di Giandomenico Mele
Una vetrina di un panificio a Olbia
Una vetrina di un panificio a Olbia

Dal 2008 il consumo si è ridotto del 40%, sotto accusa la grande distribuzione Derosas e Muzzetto: «La stagione estiva ci consente di mantenere l’attività»

10 marzo 2016
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OLBIA. Non di solo pane vive l'uomo. C'è però poco di evangelico nella crisi dei consumi dell'alimento per eccellenza, tra tagli dettati dall'agenda economica delle famiglie e alimenti alternativi, come baguette e pagnotte congelate, che sembrano appena sfornate nella ricetta del fast food permanente della grande distribuzione. Il pane, questo dimenticato. Anche Olbia segue il trend denunciato dalla Coldiretti, con un calo ulteriore degli acquisti nel 2015 in tutta Italia del 3%, dopo che i consumi di pane degli italiani si sono praticamente dimezzati negli ultimi 10 anni raggiungendo un minimo storico. La fotografia della realtà olbiese passa attraverso la lente di due veri e propri campioni dell'imprenditoria che da più di 50 anni ha puntato sull'arte della panificazione: Cristian Derosas e Salvatore Muzzetto. Dal loro osservatorio privilegiato escondo dati da far tremare i polsi. A Olbia il consumo di pane si è ridotto del 40% dall'inizio della crisi: annus horribilis 2008.

«Per quanto mi riguarda posso dire che la stagione estiva ci consente di restare in piedi – spiega Salvatore Muzzetto, panificio a Olbia dal '72, dopo il padre e il nonno che iniziò da Berchidda negli anni '50 – dal periodo pasquale fino al picco massimo di agosto possiamo recuperare anche il 50% di quanto vendiamo in inverno. Per 10 giorni di agosto la produzione si quintuplica». Potenza della stagionalità, regola economica dell'indotto che fa del turista un consumatore privilegiato. Osmosi dei consumi che dal sole e dal mare porta alla rosetta.

Crollo dei consumi. Un'altra conferma arriva da uno dei nomi simbolo della vendita di pane a Olbia. Cristian Derosas, titolare dell'omonima azienda di famiglia, punti vendita in franchising in città e a Golfo Aranci, attesta un mondo che è cambiato anche davanti alla tavola. «Posso confermare che dal 2008 in poi si è verificato un crollo dei consumi di pane in città che ha raggiunto anche il 40% – sottolinea Derosas, figlio di Nanni, che dal '64 aveva preso il posto del padre Andrea alla guida dell'azienda di famiglia – un incremento di fatturato dell'anno scorso non si è avvicinato nemmeno ai livelli del 2007». Da una analisi Coldiretti emerge che l'anno scorso è stato toccato il record negativo di consumo di pane a livello nazionale, con appena 85 grammi a testa al giorno, mentre nel 2010 il consumo era di 120 grammi a testa, nel 2000 di 180 e nel 1990 di 197.

Pane alternativo. Per i panettieri il grande nemico si chiama "prodotti alternativi". Ad esempio, la classica baguette che nasce congelata e i negozi della grande distribuzione mettono in forno fin dalla mattina. Ma mentre il pane fresco esce una sola volta dal forno, il suo concorrente viene sfornato a tutte le ore del giorno. «Continuano ostinatamente a chimarlo pane, ma è un altro prodotto – attacca Salvatore Muzzetto – il pane si fa la notte, non è quello che prepari tutto il giorno con ingredienti non naturali». «Hanno ucciso il mercato, i nostri prodotti non possono competere – concorda Derosas – è necessario che noi fornitori siamo uniti, perché la concorrenza si sconfigge con la qualità». E con metodi alternativi. «Dall'anno scorso stiamo producendo il pane durante il giorno – racconta Cristian Derosas – con un nuovo sistema di lievitazione naturale: 12 ore di lievitazione in modo da vendere il pane appena sfornato anche durante il giorno, con un prodotto lievitato naturalmente e con tempi più lenti».

Il reso al 100%. Uno dei grandi problemi del sistema Gdo (grande distribuzione) è il reso, che ricade interamente sui produttori. Tutto ciò che non si vende torna al fornitore. Dunque tocca ingegnarsi. «Buttiamo quasi tutto, solo il 20% riusciamo a riciclarlo come pane grattuggiato – spiega Derosas – che peraltro in questo periodo sta diventando un prodotto molto importante in cucina». «Può capitare che si dia quello che si chiama pane duro, o raffermo, a qualche agriturismo o trattoria per fare la zuppa gallurese per esempio – conferma Salvatore Muzzetto – al massimo ci riusciamo per la metà del reso, ma giusto per recuperare i costi delle materie prime, il resto lo regaliamo a qualche allevatore per darlo agli animali». Perché oggi più che mai: non di solo pane vive l'uomo.

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