La Nuova Sardegna

Olbia

Olbia, boom di cave: c’è anche il granito Karim

di Guido Piga
Olbia, boom di cave: c’è anche il granito Karim

Aumentano le domande per nuove concessioni e rinnovi, solo in tre aree previsti 235mila metri cubi nei prossimi 10 anni

06 agosto 2017
3 MINUTI DI LETTURA





OLBIA. Duro a morire. C’è un settore economico in Gallura che, nonostante prenda colpi e perda colpi, alla fine torna a riemergere con prepotenza: quello del granito.

Come fosse un fiume carsico, a periodi di grande attività fanno seguito altri di stanca, di ritirata, per la crisi dei mercati internazionali o le opposizioni degli ambientalisti; il che porta a pensare che le cave possano solo un reperto di archeologia industriale. In questo momento è valida la prima fase: non sarà un’onda impetuosa, come negli anni Ottanta, ma il granito sta tornando di moda.

Visivamente, lo testimoniano i tir in viaggio, carichi di blocchi, sulla Tempio-Olbia e sulla Arzachena-Olbia: sono in aumento. Statisticamente, lo confermano le delibere con cui la Regione dà il via libera all’apertura, alla riapertura e al proseguimento dell’attività estrattiva. In pochi mesi, tre delibere per Priatu, Luras, Bassacutena. In tutto, sono arrivate autorizzazioni per 235 mila metri cubi da estrarre.

La delibera più carica di significati è quella sulla cava di Fica Niedda, vicino a Priatu. Concede la riapertura, dopo dieci anni di inattività. La richiesta l’ha fatta la Real Daino Marmi e graniti, società di una famiglia storicamente impegnata nell’estrazione: i Ratti. Su poco più di due ettari, ci sono 4 mila metri quadri di cava e quasi 7 mila di discarica (da bonificare). Secondo la stima della società, saranno estratti, in dieci anni, 51 mila metri cubi di granito, di cui quasi 21 mila in blocchi.

Soprattutto, in commercio tornerà il granito con un nome che dice tutto: ghiandone rosa Karim. In omaggio all’Aga Khan. «Fu una scelta della mia famiglia, un omaggio al Principe» spiega Cesare Ratti, che guida l’azienda. Ratti ammette che un certo movimento c’è, ultimamente. «Ma non diciamolo troppo a voce alta, vediamo se si consolida» dice, quasi scaramanticamente.

Per una cava che riapre, un’altra apre per la prima volta. È a Teggjaroni, una località in comune di Luogosanto. È vicina a un centro che fa la storia dell’industria del granito: Bassacutena. Qui, la società Granirosa ha chiesto alla Regione, e ottenuto, di tirare fuori 85 mila metri cubi, di cui 34 mila in blocchi, nel prossimo decennio.

Sempre la Granirosa ha avuto il via libera per continuare a estrarre granito - 100 mila metri in dieci anni - dalla cava di Monte Alcu, in comune di Luras, vicino alla diga del Liscia. In questo caso, la delibera racconta che c’è un impegno anche per smaltire la discarica: 120 mila metri cubi di scarti che andranno a Vado Ligure, città in cui sarà costruita un’imponente centro logistico.

Perché per tutte le cave, oggi, c’è una sola chance per far convivere business e ambiente: ripulire, smaltire, sanare per quanto possibile le ferite inferte al paesaggio.

Non solo i blocchi, anche gli sfridi della lavorazione hanno un loro mercato, dopotutto. Il granito gallurese - come in passato, quando serviva per la Statua della Libertà a New York o l’hotel Grand Hyatt a Tokyo - ha ripreso a viaggiare per il mondo e non si butta via niente.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’inchiesta

Appalti per lo smaltimento di rifiuti, indagati tre pubblici ufficiali: perquisizioni anche a Sassari

Le nostre iniziative