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lo scontro 

Sui terreni di S’Arrasolu la sfida per i cantieri nautici

Sui terreni di S’Arrasolu la sfida per i cantieri nautici

OLBIA. All’ombra dei terreni di S’Arrasolu, dove un tempo sbarcavano le navi cariche di tonni da lavorare e inscatolare con il marchio Palmera, si giocava la sfida tra due progetti industriali. Da...

09 dicembre 2017
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OLBIA. All’ombra dei terreni di S’Arrasolu, dove un tempo sbarcavano le navi cariche di tonni da lavorare e inscatolare con il marchio Palmera, si giocava la sfida tra due progetti industriali. Da una parte la Sno dei fratelli Pirro, proprietari anche del marchio Novamarine, che aveva presentato un progetto al Cipnes e ricevuto fondi regionali, per una sorta di clinica per maxi yacht, dove poter ricoverare per gli interventi ordinari e straordinari le tante barche sino ai novanta metri che sono particolarmente familiari nel nord est dell’Isola. Anche la Trissolbia, nel 2014, dopo l’esproprio dei terreni, aveva presentato al Suap di Olbia un progetto per la loro riconversione a supporto di una iniziativa industriale nel settore cantieristico della nautica. Dopo la sentenza del Tar, la stessa Marzia Palau ricordò che «il nostro progetto prevede la realizzazione di un cantiere di refitting di mega-yacht fino a 200 metri (non di soli 90 metri, ndr), investimenti per circa 80 milioni di euro e una ricaduta occupazionale in termini di più di 100 unità lavorative a regime, oltre al personale a tempo determinato». «Il progetto era stato presentato in Conferenza di servizi del Comune di Olbia ad aprile 2014 e aveva ricevuto parere favorevole da tutti gli enti escluso il Cipnes – spiegava Marzia Palau –. Proprio il Cipnes non lo aveva voluto esaminare, preferendo il progetto di un altro privato al nostro». Nella sentenza del Consiglio di Stato sul via libera all’esproprio dei terreni da parte del Comune di Olbia, però, veniva spiegato come «la riconversione industriale, che in questo caso mira a una trasformazione di una industria conserviera in un servizio di restauro e riparazione maxi yacht, può anche intervenire dopo il decorso dei termini: ma la riconversione deve essere vera e circostanziata e superare una Conferenza di servizi almeno allo stadio della progettazione preliminare». Per i giudici del Consiglio di Stato non era dunque bastato alla Trissolbia, per scongiurare l’inattività, accumulare studi, ricerche e progetti di massima nell’arco del triennio della cessazione della produzione. (gdm)



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