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Olbia

Olbia, il 13enne pestato dai bulli: "Ci schizzavano e ci lanciavano le pizze, poi si sono accaniti su di me"

Olbia, il 13enne pestato dai bulli: "Ci schizzavano e ci lanciavano le pizze, poi si sono accaniti su di me"

Il racconto del ragazzino che ora rischia di perdere un occhio a causa dell'aggressione subita

17 dicembre 2018
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OLBIA. «Perché l'hanno fatto? Perché ci vedevano più piccoli. Volevano far vedere che erano più forti rispetto a noi...». Con la voce ancora da bambino, di una tenerezza infinita, Marco racconta di quanto male ha provato quando è stato aggredito. Colpito al viso e nel profondo del suo animo. E cerca in tutti i modi di dare una spiegazione a quello che gli è successo, vittima di bulli, di una violenza inspiegabile e gratuita. «Ho provato un dolore fortissimo quando sono stato colpito all'occhio. Ora sto meglio, ma quando guardo in alto vedo doppio e l'occhio mi fa male», dice.

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Non parla volentieri di quello che è accaduto la sera dell'8 giugno 2018 fuori dalla pizzeria. «Mi dà fastidio ricordare... Ne parlo con la mia famiglia, ma se i miei compagni mi chiedono qualcosa, io non rispondo, non mi va di raccontare». Di quella sera, però, ricorda tutto per filo e per segno. «Mentre stavamo mangiando ci lanciavano pezzi di pizza e ci schizzavano con acqua e coca cola. Quando abbiamo finito di mangiare, siamo usciti fuori e hanno continuato a darci fastidio. Io gli ho detto di smetterla perché altrimenti avrei avvisato il proprietario del locale. E loro mi sono venuti addosso».

Sono stati sei mesi pesanti per Marco e la sua famiglia. Mesi di angoscia per le sue condizioni di salute. «E ancora siamo appesi a un filo perché non abbiamo la certezza che l'occhio di mio figlio riprenderà la sua normale funzionalità», dice il papà, 51 anni, carpentiere. Mesi di angoscia, ma anche di rabbia e amarezza. «Per la freddezza con cui hanno reagito le famiglie dei ragazzi coinvolti - prosegue il padre di Marco -. Subito dopo il fatto mi sono dato da fare per rintracciare i numeri di telefono dei ragazzi e dei loro genitori perché volevo parlare con loro, capire cos'era successo, perché avevano picchiato mio figlio e soprattutto fargli sapere che gli avevano fatto molto male. Ma ho trovato solo indifferenza. Solo la mamma di un bambino mi ha telefonato e mandato messaggi per sapere come stava mio figlio quand'era in ospedale e per dirmi che era dispiaciuta per quanto accaduto. Alcuni non si sono mai fatti sentire, e altri addirittura sono partiti all'attacco dicendomi che si sarebbero tutelati con i propri avvocati, infischiandosene di come i loro figli avevano ridotto il mio. Questo mi provoca molta rabbia e amarezza - rimarca l'uomo - Vorrei mandargli un messaggio, dirgli che dovrebbero spiegare ai propri figli che quello che hanno fatto ha gravemente danneggiato mio figlio che ora ha problemi di vista ed è continuamente sottoposto a controlli e visite mediche. Che basta poco, anche solo un cazzotto, per rovinare la vita ad un'altra persona. È un appello che faccio a tutti i genitori perché aiutino i ragazzi ad avere maggiore consapevolezza delle loro azioni». (t.s.)

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