La Nuova Sardegna

Olbia

Il 25 aprile

Olbia, la storia del sindaco dimenticato dalla sua città: «Figura importante, merita una via»

di Dario Budroni

	Il funerale di Antonio Sotgiu con il sindaco Alessandro Nanni in prima fila
Il funerale di Antonio Sotgiu con il sindaco Alessandro Nanni in prima fila

Antonio Sotgiu fondò il primo circolo socialista, nel 1905 venne eletto primo cittadino. Malmenato dai fascisti, oggi l’Anpi chiede un’intitolazione

24 aprile 2024
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Olbia. La bara avvolta da una bandiera rossa avanza lenta sulle spalle dei lavoratori. Il sindaco Alessandro Nanni, abito scuro e barba bianca, cammina con la testa bassa e lo sguardo perso nel vuoto. «Olbia ha perso il migliore» dirà un paio di giorni dopo sulle colonne della Nuova Sardegna. È il 1956 e il corteo funebre che si aggira per le strade della città assume le forme di un pianto di dolore collettivo. Antonio Sotgiu è morto e insieme a lui, almeno per un giorno, da queste parti sembra essere tramontato anche il sol dell’avvenire. Era più o meno questo lo stato d’animo di chi ha accompagnato Sotgiu verso il cimitero di via Roma. Familiari, amici, compagni di partito, sindacalisti, lavoratori: tutti riuniti per salutare l’uomo che per primo, nella vecchia Terranova, ha saputo parlare agli ultimi. Nel 1905 Sotgiu fu il primo sindaco socialista della città. Anche sue le battaglie contro l’analfabetismo e per il ripristino del porto cittadino. Nel 1922, invece, l’evento più drammatico della sua vita, quando i fascisti lo trascinarono in piazza Regina Margherita obbligandolo a bere l’olio di ricino in mezzo alla folla. Passati gli anni, però, di lui non resta più nulla. Neanche una tomba, nemmeno una targa. Per questo l’Anpi Gallura, presieduta da Domenico Piccinnu, in vista anche del 25 aprile lancia la sua proposta: «Dedichiamogli una via. È stato uno degli uomini più importanti della città. Ricordiamolo».

Sindaco socialista. Antonio Sotgiu, di origini calangianesi, nacque a Terranova nel 1876 al civico 17 (attuale 24) di via Olbia. Il padre Giuseppe era un negoziante, mentre il fratello più grande, Giovanni, maestro elementare e poeta. Antonio, studente di giurisprudenza, fu il secondo olbiese a laurearsi. Lo chiamavano avvocato dei poveri, perché solitamente, in tribunale, difendeva gli ultimi anche senza chiedere nulla in cambio. Curioso e grande divoratore di libri, Sotgiu fu presto influenzato dalle idee socialiste. «Ancora studentello fondò il primo circolo socialista – raccontò Alessandro Nanni, suo amico – raccogliendo intorno a sé i pochi giovani studenti di allora e il primo nucleo di lavoratori. Diede una solida base a un sindacalismo socialista più razionale e alla creazione del movimento cooperativo e alla Camera del Lavoro». Così, nel 1905, a neanche 30 anni Antonio Sotgiu divenne sindaco per quattro anni. Si impegnò per l’istruzione e contro la povertà e alcuni anni più tardi, nel dicembre del 1919, fu anche uno dei protagonisti della mobilitazione popolare che ridiede centralità all’approdo olbiese. Sposato con Federica Cervo, Antonio Sotgiu crebbe sei figli nei valori della libertà e dell’antifascismo. I più noti sono Giuseppe, avvocato di fama, presidente della Provincia di Roma e anche lui sindaco di Olbia nel 1970, e Girolamo, storico e senatore, nominato alcuni anni fa Giusto tra le nazioni insieme alla moglie Bianca.

Il fascismo. Fu insomma Antonio Sotgiu a piantare a Olbia il seme del socialismo. Una lunga tradizione che ha portato il Psi a diventare, fino a poco più di 30 anni fa, il più grande partito di sinistra della città, con più voti del Pci. I fascisti, naturalmente, non lo potevano vedere e così lo tenevano costantemente d’occhio. Nel dicembre del 1922, poco dopo la marcia su Roma, una squadraccia di camicie nere arrivata da Civitavecchia, su “invito” dei fascisti olbiesi, diede una lezione a lui e a tanti altri antifascisti. Nanni non fu trovato, ma Sotgiu, che viveva in una casa di via Regina Elena che anni prima ospitava la caserma dei carabinieri, fu il più bersagliato. Malmenato e purgato in piazza, pare che ai fascisti rispose: «Le idee non si cacano». Ne parlò anche Emilio Lussu nel suo Marcia su Roma e dintorni.

Ultimi anni. Durante il ventennio fascista Antonio Sotgiu restò vedovo e si trasferì per un periodo a Roma insieme ai figli. Poi il ritorno a Olbia, dove, anche dopo la guerra, continuò a fare l’avvocato. Ormai lontano dagli incarichi istituzionali, ma sempre vicino al partito, a Olbia veniva considerato un po’ il vecchio padre del socialismo cittadino. Un punto di riferimento da tenere in considerazione. Anziano, passò gli ultimi tempi insieme ai figli tra Roma e Terni. Morì infine nel 1956, a 80 anni, e la sua salma fu trasferita a Olbia. Ad accoglierla, al porto, la banda musicale.

Il testamento. Di Sotgiu, a parte i ricordi sempre più sbiaditi dei suoi discendenti, ormai resta davvero poco. A Olbia quasi tutti ignorano chi fosse, visto che nessuno ha mai pensato di intitolargli almeno una strada. Non esiste neanche una tomba. Nei registri del cimitero c’è scritto che è stato sepolto in via Roma, poi nient’altro. Tutto secondo i suoi piani, comunque. «La mia salma sia deposta in una rustica bara di abete grezzo – scrisse ai figli prima di morire –. Sulla bara la bandiera tricolore, perché l’Italia è bella, e le rosse bandiere del socialismo». E poi ancora: «Così ornata la bara sarà esposta nella Camera del lavoro e trasportata a braccio dalla Lega dei lavoratori fino al cimitero e ivi inumata nella fossa comune. Sono nato povero, sono vissuto povero, ho voluto vivere povero, e coi poveri voglio dormire il sonno eterno».

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