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Torna “s’Ainu Orriadore”, l’asino che ruba le anime

Torna “s’Ainu Orriadore”, l’asino che ruba le anime

SCANO MONTIFERRO. I racconti e le leggende popolari hanno riempito le serate dei ragazzi fino a qualche decina di anni fa. Poi è arrivata la televisione e lentamente ha sostituito i narratori facendo...

23 marzo 2014
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SCANO MONTIFERRO. I racconti e le leggende popolari hanno riempito le serate dei ragazzi fino a qualche decina di anni fa. Poi è arrivata la televisione e lentamente ha sostituito i narratori facendo perdere il fascino delle storie tramandate dai nonni, che suscitavano la giusta dose di paura e di rispetto verso quello che non poteva essere spiegato razionalmente, alle giovani generazioni. Le figure mitiche facevano parte della tradizione: ognuno aveva la sua. E per fortuna, grazie al lavoro di ricerca di qualche appassionato, molte di esse sono state riscoperte e fatte rivivere. Da queste parti sono in tanti, soprattutto tra i più anziani, a ricordare la figura di “s’Ainu Orriadore”, la cui maschera è costituita dall’osso del bacino di un bovino o di un asino, mentre il corpo del personaggio mitico è rivestito con la “Zimarra” o mastrucca. Secondo la credenza popolare s’Ainu Orriadore (asino che raglia) rappresentava il diavolo. E in certe occasioni assumeva le sembianze di un asino o di un cane bianco (con le zampe d’asino se era cane e di gallo se asino), e andava in cerca dell’anima di qualche morente per impossessarsene. La maschera, finita precocemente nel dimenticatoio, è stata recuperata una ventina di anni fa da Giovanni Obinu, noto Nannari, che ne aveva sentito parlare dalla madre Angelica. Obinu, insieme ad altri cultori delle tradizioni popolari locali, tra i quali Roberto Betzu, ha costituito un’associazione culturale che si chiama, appunto: “s’Aiunu Orriadore”. Tra i più anziani c’è chi è pronto a giurare di averlo visto di notte aggirarsi nelle strade del paese, trascinando pesanti catene ed emettendo ragli misti a pianto che facevano accapponare la pelle, preludio alla morte di qualcuno.

Piero Marongiu

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